Le vacanze estive arrivano quasi sempre puntuali a rigenerare fisico
e mente dopo un anno stressante e faticoso. Allora, prima di partire,
non potevo non augurarvi ferie davvero rigeneranti e rinfrancanti (se
ancora non ci siete andati) e un rientro per quanto possibile sereno
e pieno di buoni auspici. Il mio blog ripartirà agli inizi di
settembre, preceduto, si spera, da qualche momento di riflessione su
quale direzione intraprendere, quali argomenti approfondire e,
soprattutto, se individuare anche un'altra sede in cui collocare i
miei pensieri quotidiani. Ma non adesso, ho un aereo da prendere!
Buone vacanze!!!
venerdì 12 agosto 2016
martedì 9 agosto 2016
Il disastro di Marcinelle
Sono trascorsi sessant'anni dal disastro di Marcinelle, da quel
mattino dell'8 agosto 1956 in cui nella miniera di carbone Bois du
Cazier di Marcinelle, in Belgio, si sviluppò un incendio a causa
della combustione d'olio ad alta pressione innescata da una scintilla
elettrica. L'incendio riempì di fumo tutto l'impianto sotterraneo,
provocando la morte di 262 persone, che perirono anche per le ustioni
e i gas tossici. Tra le vittime vi erano 136 emigranti italiani.
Secondo le ricostruzioni dell'epoca, il disastro ebbe origine da
un’incomprensione tra i minatori, che dal fondo del pozzo
caricavano sul montacarichi i vagoncini con il carbone, e i
manovratori in superficie. Il montacarichi venne, quindi, avviato al
momento sbagliato e urtò contro una trave d’acciaio, tranciando un
cavo dell’alta tensione, una conduttura dell’olio e un tubo
dell’aria compressa. Le scintille provocate dal corto circuito
fecero incendiare l'olio in polvere e le strutture in legno del
pozzo.
Si tratta del terzo incidente per numero di vittime tra gli italiani
all'estero dopo i disastri di Monongah e di Dawson. Ma fu soprattutto
la tragedia degli italiani immigrati in Belgio nel dopoguerra.
Per capire gli antefatti di tale disastro, occorre ricordare che
l'industria belga, pur non avendo subito molti effetti distruttivi
dalla seconda guerra mondiale, si ritrovò in una situazione di
scarsità di manodopera, anche a causa delle ridotte dimensioni del
Paese. Vi fu, quindi, un aumento di richiesta di manodopera da parte
del Belgio, soprattutto per il lavoro in miniera. Per tale motivo, il
23 giugno 1946 fu firmato il Protocollo italo-belga che prevedeva
l'invio di 50.000 lavoratori dall'Italia in cambio di carbone.
L'Italia a quell’epoca soffriva ancora degli strascichi della
seconda guerra mondiale, con 2 milioni di disoccupati ed una diffusa
situazione di miseria, mentre in Belgio la mancanza di manodopera
nelle miniere di carbone frenava la produzione. L'accordo italo-belga
fu, pertanto, inevitabile.
Il giorno del sessantesimo anniversario di tale disastro, il
Presidente del Senato Piero Grasso ha affermato che "ripensare
come eravamo e vivevamo, rafforza la nostra determinazione ad
accogliere con spirito di solidarietà chi oggi è costretto a
migrare e ha diritto alla protezione internazionale". Infatti,
occorre ricordare che gli immigrati italiani trovarono innumerevoli
difficoltà di integrazione con la comunità belga. Addirittura, vi
erano cartelli che vietavano sia ai cani che agli italiani di entrare
nei locali. Ciò, almeno finché non avvenne la tragedia: a quanto
pare era necessario un avvenimento così disastroso affinché la
comunità italiana potesse avere riconoscimento e rispetto in Belgio.
Questo disastro e i suoi antefatti dovrebbero, quindi, farci
riflettere molto, oltre che sulla necessità di aumentare sempre di più le misure per garantire la sicurezza sul lavoro, anche sul nostro atteggiamento verso gli stranieri che
fuggono dai paesi in guerra o semplicemente emigrano cercando lavoro
in Italia e nel resto d'Europa. Soprattutto, dovremmo pensarci bene
prima di insultarli e considerarli come ladri giunti nel nostro Paese
solo per rubarci il lavoro. Anche se sappiamo bene che il passato
spesso non insegna nulla.
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