venerdì 27 maggio 2016

Trattamenti disumani per “poveri” assassini

Pochi giorni fa ricorreva l'anniversario della strage di Capaci (23 maggio 1992), il terribile attentato mafioso in cui morirono il magistrato Giovanni Falcone, sua moglie Francesca e tre agenti della scorta, un attentato che ci ha fatto capire ancor di più la spietatezza di criminali disposti a tutto pur di eliminare qualsiasi cosa ostacoli il loro cammino.
In coincidenza di tale anniversario, la Rai ha trasmesso una miniserie sulla vita di un altro grande protagonista della lotta alla mafia, Boris Giuliano, interpretato da Adriano Giannini, con la regia di Ricky Tognazzi. Giuliano fu a capo della squadra mobile della polizia di Palermo alla fine degli anni Settanta e fu uno dei primi investigatori ad indagare sul traffico internazionale della droga controllato dalla mafia. In collaborazione con la polizia statunitense avviò una delle prime grandi indagini contro Cosa Nostra, chiamata “Pizza Connection”.
Non sono riuscito a vedere la fiction per intero, ma solo alcune scene, tra cui quella in cui Giuliano afferma decisamente di non volersi arrendere: la mafia avrebbe potuto ucciderlo soltanto di spalle. Difatti, fu ucciso il 21 luglio del 1979 dal boss mafioso Leoluca Bagarella, che gli sparò sette colpi di pistola alle spalle.


Fortunatamente, non sempre gli omicidi rimangono impuniti. Bagarella fu, infatti, condannato all'ergastolo in regime di carcere duro per omicidio multiplo, traffico di droga, ricettazione, strage.
Ho cercato, quindi, di capire in che cosa consistesse, concretamente, il carcere duro (il cosiddetto 41-bis). Si tratta di una forma di detenzione in cui, per gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica, sono sospese le normali regole di trattamento e gli istituti dell'ordinamento penitenziario nei confronti dei detenuti facenti parti dell'organizzazione criminale mafiosa. L'obiettivo è ostacolare le comunicazioni dei boss con le organizzazioni criminali operanti all'esterno, mediante il rafforzamento delle misure di sicurezza, alcune restrizioni nel numero e nella modalità di svolgimento dei colloqui, la limitazione della permanenza all'aperto (cosiddetta ora d'aria) e la censura della corrispondenza.
In un recente articolo pubblicato sull'Huffpost si parla proprio dell'applicazione del 41-bis subito dopo la strage di Capaci all'interno del carcere di Pianosa, descritto come un luogo di "tortura fisica e psicologica", in cui i detenuti erano costretti a soffrire pene da inferno. Si legge nell'articolo che in un incontro tenutosi presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma, alla presenza del presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick e del magistrato ed ex sostituto procuratore del pool antimafia di Palermo Alfonso Sabella, si è riflettuto molto "sulla dignità delle persone, dignità che non deve essere mai violata qualunque sia il reato commesso, sul rispetto delle regole, sulle inaudite violenze e sulle inutili vessazioni che accompagnano ancora oggi il 41 bis (divieti di cucinare in cella, di avere più di tre libri, di appendere manifesti sul muro, di avere le matite colorate...)".

Isola di Pianosa

Leggendo queste frasi diversi interrogativi cominciano a frullarmi in testa. Si parla di "dignità delle persone, dignità che non deve essere mai violata qualunque sia il reato commesso". Ma di quali persone stiamo parlando? Di quelle che rapirono il piccolo Giuseppe Di Matteo (incluso Bagarella) e lo tennero prigioniero per anni, per poi strangolarlo e scioglierlo nell'acido? Loro ebbero rispetto della dignità di quel ragazzino? Davvero, il divieto di avere contatti con l'esterno per un boss mafioso in prigione è un trattamento così disumano?
Non ho potuto fare a meno di pormi queste domande anche quando la Corte di giustizia di Oslo ha accolto il ricorso di Anders Breivik, il neonazista massacratore di 77 persone, che aveva fatto causa allo Stato norvegese, denunciando "condizioni di detenzione inumane" per i cinque anni trascorsi in stretto isolamento. Un soggetto che un giorno decide di seminare la morte sparando all'impazzata contro un gruppo di ragazzi e facendo saltare in aria un palazzo, è trattato in maniera disumana se viene posto in isolamento? E il trattamento riservato alle sue vittime non è forse disumano?

sabato 21 maggio 2016

I "se" di Rudyard Kipling dedicati al figlio

Rudyard Kipling è indubbiamente uno degli scrittori più celebri, famoso in tutto il mondo per la sua raccolta di racconti "Il libro della giungla", storie che narrano le avventure del "cucciolo d'uomo" di nome Mowgli, abbandonato nella giungla indiana e adottato da un branco di lupi, e da cui è stato tratto un divertente film della Disney, amato da tutti i bambini di ieri e di oggi.


Autore anche di romanzi (tra cui "Kim" e "Capitani coraggiosi"), ha scritto una poesia molto bella intitolata "Se" (del 1895) che leggo oggi per la prima volta.

Se saprai mantenere la testa quando tutti intorno a te
la perdono, e te ne fanno colpa.
Se saprai avere fiducia in te stesso quando tutti ne dubitano,
tenendo però considerazione anche del loro dubbio.
Se saprai aspettare senza stancarti di aspettare,
O essendo calunniato, non rispondere con calunnia,
O essendo odiato, non dare spazio all'odio,
Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo saggio;

Se saprai sognare, senza fare del sogno il tuo padrone;
Se saprai pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo,
Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina
E trattare allo stesso modo questi due impostori.
Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai detto
Distorte dai furfanti per abbindolare gli sciocchi,
O a guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
E piegarti a ricostruirle con i tuoi logori arnesi.

Se saprai fare un solo mucchio di tutte le tue fortune
E rischiarlo in un unico lancio a testa e croce,
E perdere, e ricominciare di nuovo dal principio
senza mai far parola della tua perdita.
Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervi
nel servire il tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tenere duro quando in te non c'è più nulla
Se non la Volontà che dice loro: "Tenete duro!"

Se saprai parlare alle folle senza perdere la tua virtù,
O passeggiare con i Re, rimanendo te stesso,
Se né i nemici né gli amici più cari potranno ferirti,
Se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo.
Se saprai riempire ogni inesorabile minuto
Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi,
Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa,
E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!

Si tratta di una poesia dedicata al figlio, un'eredità spirituale oltre che un inno alla vita, in cui il padre cerca di indicare al ragazzo la strada per diventare un Uomo, tramite i propri sogni e i propri valori. Di questa poesia, mi colpiscono, in particolare, alcuni versi.
"Se saprai avere fiducia in te stesso quando tutti ne dubitano, tenendo però considerazione anche del loro dubbio": ci si arrabbia troppo spesso per le critiche altrui, soprattutto quando qualcuno si diverte a distruggere ciò che abbiamo faticosamente costruito, ferendo la nostra autostima e facendoci ripiombare nello sconforto. Non perdere la fiducia in se stessi nonostante le critiche e i dubbi altrui significa essere consapevoli del proprio valore e delle proprie capacità, non senza utilizzare, comunque, le critiche costruttive a proprio vantaggio.


"Se saprai sognare, senza fare del sogno il tuo padrone; Se saprai pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo": i sogni e i pensieri sono una componente essenziale del nostro essere, senza di essi saremmo degli automi capaci di agire solo in base a stimoli esterni. Indubbiamente, non ci si può limitare ad una vita riflessiva o a sognare la propria esistenza: il pensiero deve diventare azione e i sogni, se realizzabili, devono essere inseguiti e concretizzati. Non è sempre facile, anche perché a volte ci lasciamo travolgere dalle nostre vite senza riuscire ad andare nella direzione che vorremmo.


"Se riuscirai ... a guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte, e piegarti a ricostruirle con i tuoi logori arnesi": questo verso non può non farmi venire in mente coloro che sono colpiti da terremoti o alluvioni, che da un giorno all'altro si ritrovano ad aver perso tutto ciò che avevano faticosamente conquistato, ma senza lamentarsi cercano di rialzarsi in piedi e di ricominciare.


"Se saprai riempire ogni inesorabile minuto dando valore ad ognuno dei sessanta secondi": Seneca, nel "De brevitate vitae" ci ricorda che "ognuno brucia la sua vita e soffre per il desiderio del futuro, per il disgusto del presente. Ma chi sfrutta per sé ogni ora, chi gestisce tutti i giorni come una vita, non desidera il domani né lo teme". Bisognerebbe godere ogni giorno, nella consapevolezza che ogni attimo della nostra vita è di per sé irripetibile.


Questa poesia è stata oggetto di numerose citazioni (Oriana Fallaci in "Un uomo"; Massimo Gramellini in "Fai bei sogni"; Pink Floyd nel disco "Atom heart mother"), a testimonianza del grande impatto avuto dai precetti indicati da Kipling, un'eredità che tutti dovremmo, almeno in parte, tenere in considerazione.

martedì 17 maggio 2016

Un intollerabile e assurdo accanimento

Qualche giorno fa, un amico su Facebook ha pubblicato una foto in cui indossava una maglietta con questa scritta “Alcune persone sono gay. Fattene una ragione”. Un messaggio forte e chiaro contro ogni forma di omofobia.
Eppure, mi sembra di capire, leggendo recenti notizie e commenti, che molte persone ancora non se ne sono fatte una ragione. Ovviamente, i primi a non aver ancora accettato questa realtà sono i politici di centrodestra, impegnati in una intensa campagna elettorale: Salvini ha adottato la linea dura, invitando i sindaci della Lega a non registrare le unioni civili, mentre Giorgia Meloni ha affermato che si impegnerà a tutti i costi per far abrogare la recente legge sul riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso.
Un quesito sorge spontaneo: una campagna elettorale basata sulla negazione dei diritti civili che razza di campagna è? Quali obiettivi intende raggiungere per favorire i cittadini che si recheranno alle urne, quali vantaggi intende realizzare?
Inevitabili le riflessioni e considerazioni di molti utenti dei social su questo tema: i politici che pochi mesi fa non ritenevano la legge sulle unioni civile una priorità, adesso si stanno accanendo per ottenerne l’abrogazione. Le altre emergenze sono, dunque, passate in secondo piano?
Ovviamente, i politici durante la campagna elettorale possono dire tutto e il suo contrario, ma questo non significa che realizzeranno ciò che hanno promesso.
Il vero problema, in realtà, più che le false promesse elettorali, sono i messaggi e le manifestazioni di odio che si diffondono come un virus, come dimostra una recente e triste notizia. Venerdì scorso, come riportato sul sito di Repubblica, la sede romana del Gay Center è stata presa di mira dai militanti di Forza Nuova, movimento di estrema destra, che in tarda serata (intorno alle 22) hanno fatto irruzione negli uffici di Testaccio, urlando e circondando Fabrizio Marrazzo, portavoce dell'associazione, che in quel momento era da solo. I militanti hanno, quindi, estratto un volantino in cui era scritto: “Unioni civili, la perversione non sarà mai legge”, insultando Marrazzo e definendolo “perverso”. I militanti sono andati via solo quando il portavoce ha minacciato di chiamare la polizia.


Questo episodio non può non intristirmi, soprattutto pensando alle giuste parole di Marrazzo: “Non possono esserci partiti che istigano all'odio”. Eppure, di partiti e di politici che istigano all’odio ce ne sono fin troppi, anche se, formalmente, non figurano all'interno di movimenti fascisti.
Vedo tante coppie omosessuali che convivono serenamente senza arrecare disturbo ad alcuno, e mi chiedo dove sia la vera perversione, nell’amore tra due persone o nell’odio che viene inculcato da soggetti affamati di voti e di poltrone. Credo che la risposta sia scontata.
Ricordiamo che oggi, 17 maggio, si celebra la Giornata internazionale contro l'omofobia, istituita dall’Unione europea nel 2007. Nella risoluzione del Parlamento europeo del 26 aprile 2007, si legge:
Il Parlamento europeo ribadisce il suo invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell'Unione europea senza discriminazioni”; “condanna i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l'odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo, e chiede alle gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli”.
Si tratta di un testo che alcuni nostri politici, e anche certi cardinali, dovrebbero leggere molto spesso e con attenzione.

domenica 15 maggio 2016

Messaggi "politici" all'Eurovision Song Contest

Indubbiamente, l'Eurovision Song Contest non è solo un concorso musicale, in cui poter ascoltare brani di ogni genere proposti da artisti provenienti da tutta Europa (e non solo, considerata la partecipazione dell'Australia), ma è anche una manifestazione di costume, un po' kitsch a volte,  nel corso della quale si possono, comunque, lanciare messaggi importanti.
Non si può dimenticare, infatti, la vittoria di due anni fa di Conchita Wurts, con il suo appello: "Questa serata è dedicata a tutti coloro che credono in un futuro di pace e libertà. Voi sapete chi siete. Noi siamo unità e siamo inarrestabili!". In quell'occasione, la Russia, uno dei Paesi più omofobi al mondo, aveva chiesto di non partecipare, asserendo che la presenza della drag queen austriaca avrebbe insultato milioni di russi. Una affermazione che non vale davvero la pena di commentare.
Anche quest'anno, la manifestazione canora non si è tradita e la vittoria dell'Ucraina non può certamente passare inosservata. La cantante ucraina Jamala ha trionfato battendo l'Australia e la Russia, con la canzone "1944", con una musica affascinante ed un testo certamente impegnato.
Si tratta, infatti, di un brano autobiografico che racconta la storia della nonna materna della cantante, che fu coinvolta nella deportazione dei Tatari (o Tartari) di Crimea del 18 maggio 1944. In tale data, infatti, Stalin ordinò che i Tatari, accusati di collaborazione con i nazisti, fossero deportati dalla Crimea in Uzbekistan. Numerosi i deportati che perirono per malattie e carestia nei luoghi di deportazione, mentre i sopravvissuti e i loro discendenti poterono far ritorno in patria soltanto nel 1989.
Nel brano, si parla di questo popolo costretto ad abbandonare le proprie case, le proprie radici, a causa di uomini che credono di poter dominare il mondo: "Dove è la tua mente? L'umanità piange. Pensate di essere degli dei. Ma tutti muoiono. Non inghiottire la mia anima. Le nostre anime".


Ovviamente, la Russia anche in questa occasione non ha potuto fare a meno di rinfocolare la polemica, chiedendo l'annullamento di questa vittoria e ritenendo che "la politica abbia sconfitto l'arte". In questo caso, quindi, non è in discussione la moralità della cantante, ma il purtroppo noto conflitto tra Ucraina e Russia. Ricordiamo brevemente gli avvenimenti.
L'Ucraina ha negli ultimi tempi manifestato un distacco dalla Russia con numerose rivolte di stampo filo-occidentale e scontri fra manifestanti, che hanno portato il 22 febbraio 2014 alla fuga del presidente filo-russo Janukovyč. Tali avvenimenti hanno contribuito ad aumentare la tensione tra Russia e Ucraina con ripercussioni sia sul lato economico, che su quello politico: infatti, la Russia ha aumentato notevolmente il costo del gas che prima veniva fornito all'Ucraina ad un prezzo amichevole. Contestualmente, le relazioni diplomatiche tra i due Paesi si sono inasprite considerevolmente.
Con l'aumentare del malcontento dovuto ad una crescente crisi economica e alla sempre maggiore instabilità politica all'interno del Paese ucraino, la popolazione ribelle dell'est, appoggiata da militari russi, si è detta contraria al nuovo governo ucraino, occupando in segno di protesta diversi edifici governativi: i ribelli hanno dato vita ad una vera e propria invasione del territorio.
Inevitabile anche lo scontro tra Occidente e Russia, con il primo che ha accusato la seconda di appoggiare in ambito militare i ribelli dell'est dell'Ucraina contribuendo a fomentare le rivolte, mentre la Russia ha ribadito le violazioni compiute dal governo ucraino, definito illegittimo, che sta sopprimendo le rivolte con la violenza, non curandosi dei diritti umani e bombardando i civili nella parte russofona del paese senza fare nulla per distendere la tensione. Da parte sua, la Russia ha intensificato lo schieramento di truppe militari al confine con l'Ucraina, fatto denunciato più volte dalla NATO come atto d'aggressione.


Ovviamente, la vittoria della cantante ucraina non può e non deve essere annullata. I conflitti tra due Paesi non possono distruggere l'atmosfera di festa tipica di una manifestazione canora, in cui la musica deve unire e non dividere. In fondo, il messaggio di Jamala non è un'accusa nei confronti dell'attuale governo russo, ma un invito alla speranza: "Potremmo costruire un futuro dove le persone sono libere di vivere e amare". Un messaggio di speranza che potrebbe essere rivolto anche ai tanti profughi che fuggono dai propri Paesi in guerra.

mercoledì 11 maggio 2016

Se il candidato sindaco dice no

La legge sulle unioni civili ha ottenuto la sua approvazione definitiva, dopo un lungo percorso irto di polemiche, passi indietro, cedimenti, manifestazioni dense di odio e luoghi comuni. Un'approvazione che alcuni considerano una sconfitta per le numerose rinunce (tra cui la Stepchild Adoption), mentre per altri si tratta di un decisivo passo in avanti nella battaglia da lungo tempo intrapresa dal movimento LGBT per la conquista dei propri sacrosanti diritti.
Si potrebbe pensare che quei diritti che finalmente sono stati acquisiti con questa legge saranno certamente garantiti e tutelati dalle figure istituzionalmente previste dalla legge stessa.
Eppure, a quanto pare, non tutti la pensano in questo modo. Il candidato sindaco di Roma per il centrodestra, Alfio Marchini, scelto dopo un lungo e quasi penoso tira e molla, ha affermato che non celebrerà alcuna unione civile, se dovesse vincere le elezioni, in quanto non è un compito che spetta al sindaco.

Siamo talmente abituati agli strafalcioni dei politici italiani, che ormai non ci facciamo più caso. Eppure, questa affermazione grida vendetta.
Asserire che la celebrazione delle unioni civili è un compito che non spetta al sindaco significa ignorare completamente la legislazione vigente. Il disegno di legge sulle unioni civili, infatti, afferma che "due persone maggiorenni dello stesso sesso costituiscono un'unione civile mediante dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni". L'ufficiale di stato civile, secondo il DPR n. 396 del 2000, è il "sindaco, quale ufficiale del Governo, o chi lo sostituisce a norma di legge". Dunque, Marchini, semmai sarà malauguratamente eletto sindaco di Roma Capitale, sarà ufficiale di stato civile e, dunque, avrà tra i suoi compiti anche la celebrazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. Salvo che non voglia trasgredire la legge e addossarsi le conseguenze.
Inutile dire che questa affermazione deriva, oltre che dall'ignoranza (o forse sarebbe più corretto parlare di malafede?), anche da una detestabile omofobia strisciante tipica di chi dice "non sono contrario al riconoscimento dei diritti gay" e, poi, si comporta, nei fatti, esattamente all'opposto. Ovviamente, l'omofobia è frutto dell'ignoranza e della stupidità.
Oltretutto, un personaggio pubblico che fa queste affermazioni non si rende affatto conto delle assurde conseguenze che potrebbero derivare dal messaggio negativo che sta diffondendo, che si tratti o meno di una mossa studiata per accaparrarsi i voti della frangia di elettori contrari alle unioni civili. Se un sindaco decide di trasgredire ai propri doveri, allora altri soggetti potrebbero sentirsi autorizzati a fare lo stesso: medici, infermieri, funzionari pubblici, notai, tutori dell'ordine potrebbero per assurdo rifiutarsi di svolgere la propria attività in favore di una coppia gay, asserendo che non rientra tra i propri compiti. Forse sto esagerando, il mio potrebbe apparire un paradosso, ma forse anche no.
Mi chiedo cosa accadrebbe se Marchini avesse bisogno di cure e un medico gli rispondesse: "Non sono contrario all'esistenza degli idioti, ma generalmente non li curo, non è un mio compito"!!!

sabato 7 maggio 2016

Sentimenti ed emozioni di una vera storia d'amore

Le emozioni positive sono un bisogno essenziale, un elemento di cui nutrirsi, specialmente nei momenti di sconforto. In questi mesi, ho potuto constatare come l'Huffington Post sia una miniera quasi inesauribile di emozioni che arrivano un po' da tutti gli angoli del globo e che, a volte, sono state anche fonte di ispirazione per questo blog: testimonianze toccanti di personaggi famosi (vedi Ian Thorpe qualche post fa), ma anche esperienze di persone comuni che, magari, possiamo sentire vicine per affinità di sentimenti.
Proprio, sull'Huffpost ho letto di recente una storia che mi ha coinvolto in maniera particolare, quasi un pugno nello stomaco. In questo racconto, ritorna il tema dell'autismo, ma questa volta non si tratta di un episodio di bullismo o di discriminazione, ma di una storia d'amore narrata con termini semplici, ma decisi dalla sua protagonista.
Jessica e CJ stanno insieme da dieci anni e sono molto innamorati. Lei usa queste espressioni per descrivere l'amore che prova: "Mio marito è lo yang del mio ying. La luce del mio buio. Il freno della mia impetuosità. È un padre eccezionale, sempre presente per la sua piccola tribù al femminile".
In questa tribù, tuttavia, la figlia maggiore comincia a mostrare alcuni problemi verso i quattro anni, disagi continui legati ad azioni quotidiane: non sopporta di cambiare strada o di essere toccata dagli altri bambini, è legata in maniera inflessibile alle sue abitudini e non riesce a gestire qualsiasi novità. Jessica è disperata, ma CJ non sembra preoccuparsi, anzi non vede nulla di strano in quelle manie. Piuttosto, quando alla sua bambina viene diagnosticato l'autismo, ne rimane scioccato.
I due cominciano a passare in rassegna tutti i problemi e i criteri diagnostici legati all'autismo della loro piccola e alla fine riescono a capire il motivo per cui CJ considerava normali quelle reazioni: lui condivide gran parte di quelle manie, perché anche lui è autistico. Una successiva diagnosi conferma questa loro intuizione.
Jennifer afferma che, dopo sette anni di amore e condivisione, "tutti i pezzi del puzzle iniziavano a trovare il loro posto: la sua ansia sociale, il suo disinteresse nel conoscere nuove persone, il modo specifico in cui gli piaceva organizzare la dispensa". In quei sette anni, con il loro amore si erano adattati a tutto ciò che poteva sembrare "strano", senza neanche farci caso: "quando ho detto "sì" alla proposta di matrimonio di mio marito, ho detto sì a lui e alle sue stranezze. Lo amavo per il modo in cui vedeva il mondo e per come vi si muoveva. Lo amavo per il modo in cui sapeva sistemare qualsiasi cosa fosse rotta, lo amavo per il modo in cui sembrava adattarsi facilmente alle diverse situazione sociali e per la sua impeccabile attenzione ai dettagli.".
Indubbiamente, in questa storia non si può non prestare attenzione all'importante messaggio sulla necessità di una diagnosi precoce e di un sostegno adeguato nei confronti delle persone autistiche: "le etichette non definiscono o limitano le capacità di una persona, ma possono permettere uno sguardo più profondo nella personalità di ciascuno e metterci nelle condizioni di essere aiutati ad esprimerci al massimo delle nostre potenzialità". D'altronde, se CJ avesse ricevuto questa diagnosi quando era piccolo, avrebbe potuto affrontare diversamente tanti problemi, senza improvvisare, pur rimanendo una persona straordinaria.
Tuttavia, mi colpisce molto anche il messaggio di profondo amore che arriva da questa coppia che ha vissuto le proprie difficoltà senza mai perdere il sorriso e la forza.

Ricordo, che un giorno si parlava tra colleghi di un nostro amico che stava perdendo poco a poco la vista ed era quotidianamente assistito dalla sua compagna. Una signora intervenne molto a sproposito affermando che se si fosse trovata in quella condizione, con un compagno in difficoltà, avrebbe certamente tagliato la corda. Qualcuno le fece notare senza mezzi termini che si stava dimostrando una persona incapace di amare.
Ma amare davvero è molto difficile. L'amore non è certo quello delle fiabe, con il principe che in groppa al suo cavallo bianco corre a salvare la donzella rinchiusa nella torre. Amare, secondo il mio punto di vista, è condividere un progetto di vita insieme, rispettarsi a vicenda, sentirsi protetti, non considerare l'altro come un oggetto acquistato al mercato su cui accampare ogni diritto, affrontare le difficoltà quotidiane e gli ostacoli che altri cercano di porre davanti.
Soprattutto, amare non è un diritto riservato ad alcune categorie e prescinde dal sesso delle persone interessate..... e spero che di questo i molti omofobi che ancora circolano prima o poi se ne facciano una ragione.

domenica 1 maggio 2016

La Festa del lavoro: cenni storici e libere riflessioni

Oggi 1° maggio, si celebra come da tradizione la Festa dei Lavoratori. In Europa, la festività del primo maggio fu ufficializzata dai delegati socialisti della Seconda Internazionale riuniti a Parigi il 20 luglio del 1889 e ratificata in Italia due anni dopo Nel corso dei lavori, infatti, venne indetta una grande manifestazione per chiedere alle autorità pubbliche di ridurre la giornata lavorativa a otto ore.
Si scelse la data del 1° maggio in quanto tre anni prima, nel 1886, una manifestazione operaia a Chicago era stata repressa nel sangue. Il primo maggio 1886, infatti, venne indetto uno sciopero generale negli Stati uniti per protestare contro le pessime condizioni dei lavoratori, che, privi di diritti, lavoravano anche 16 ore al giorno e spesso morivano sul luogo di lavoro. Obiettivo dello sciopero era ottenere la riduzione della giornata lavorativa a 8 ore. La protesta durò 3 giorni e culminò, il 4 maggio, col massacro di Haymarket, in cui morirono 11 persone.
In tale occasione, è sempre bene rileggere ciò che la nostra Costituzione sancisce in materia di lavoro e relativi diritti e doveri.
Ad iniziare dall'articolo 1 "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro", per proseguire con l'articolo 4 "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società".


Questi precetti, tuttavia, andrebbero letti alla luce della realtà odierna.
"Ogni cittadino ha il dovere di svolgere .... un'attività o una funzione....": affermare che i tanti giovani disoccupati non compiano fino in fondo il loro dovere è come minimo fuori luogo: in continua ricerca di un posto di lavoro che consenta anche in minima parte di mettere a frutto gli studi realizzati con molto impegno, accontentandosi a volte di un precariato logorante, questi giovani si aspettano di certo che sia lo Stato per primo a compiere il proprio dovere, ovvero "promuovere le condizioni che rendano effettivo" il diritto al lavoro, da molti politici decantato soltanto durante la campagna elettorale.
".....secondo le proprie possibilità e la propria scelta....": esiste davvero oggi la possibilità di scegliere? Molti ragazzi continuano imperterriti ad inseguire i propri obiettivi, cercando di non farsi scoraggiare dalle tante difficoltà.
A volte, però, bisogna accontentarsi, mettere da parte le proprie ambizioni e cercare di guadagnare ciò che serve per permettere a sé e alla propria famiglia di andare avanti. In alcuni casi con molti rimpianti, in altri con la piena consapevolezza che, pur avendoci provato, non era possibile fare altrimenti.
"...che concorra al progresso materiale o spirituale della società": questo precetto andrebbe rivolto principalmente (ma non solo) a coloro che occupano posizioni lavorative di rilievo all'interno della nostra società e a volte utilizzano il proprio "potere" non per favorire il benessere della collettività, ma per interessi personali. Occorre, poi, ricordare che il progresso materiale o spirituale non è prerogativa esclusiva delle attività di artisti, scrittori, ricercatori, inventori, ma di qualsiasi impiegato o operaio che recandosi onestamente a lavoro ogni giorno contribuisce con una piccola goccia alla ricchezza di tutti, senza dimenticare il lavoro domestico.
La nostra Costituzione è la più bella del mondo, ma bisognerebbe sempre ricordarsi di applicarla.
Un buon 1° Maggio a tutti!