sabato 22 aprile 2017

Novità letterarie – "La traiettoria dell'amore" di Claudio Volpe

I nostri gesti difficilmente rimangono isolati, ma finiscono spesso per avere effetti sulle vite altrui, a volte in maniera limitata, altre in modo decisivo. E così, in una terribile e buia notte di agosto, un'auto lanciata in una folle corsa, nello sfrenato desiderio di vincere la noia, finisce per travolgere una ragazzina, uccidendola, mentre il suo investitore corre via sconvolto e impaurito.
Quel drammatico momento finisce per segnare inevitabilmente il destino di tre persone, Andrea, Giuseppe e Sara, i protagonisti di un intenso romanzo di Claudio Volpe, "La traiettoria dell'amore" (Laurana Editore), presentato al Premio Strega 2017. Un romanzo che descrive il percorso di evoluzione interiore dei tre ragazzi che, in qualche modo, cercano di mettere insieme i pezzi della loro vita per andare avanti. Un percorso che si delinea lungo una strada spesso irta di ostacoli, da superare soprattutto grazie alla forza dell'amore cui i protagonisti stessi si aggrappano con caparbietà. Una scrittura accurata, mai banale o scontata, attraverso cui l'autore, trattando temi attualissimi e delicati, ci lancia un messaggio di amore universale.


"Non sempre inciampare significa finire la corsa. Se cadi lungo il cammino l'importante è non pensare alle ferite, ma alla nuova prospettiva da cui poter guardare il mondo, un'angolazione diversa che ha il sapore delle piccole cose".
È questo, infatti, ciò che ci spinge ad andare avanti, la possibilità di rialzarsi e di ricominciare, guardando la vita in una diversa prospettiva.
Quando Giuseppe, quella notte, realizza ciò che ha appena commesso, in preda allo spavento, non trova altra soluzione che fuggire e recarsi da sua sorella Andrea, che convive con la sua ragazza Sara. Precipitarsi davanti alla porta di casa di Andrea, tempestandola di pugni, questa è l'unica prospettiva che Giuseppe, nella sua scarsa lucidità, riesce a intravedere.
I due fratelli, a causa di tante incomprensioni, non hanno contatti da ormai cinque anni. Il vuoto, il silenzio, un distacco emotivo, l'incapacità di vedere una luce, di comunicare: dopo tutti questi anni di lontananza, tali sono le sensazioni che invadono la mente di Andrea, che arriva a pensare a quanto sia vero che "le assenze ci plasmano e che quello che ci manca ci rende ciò che siamo più di qualunque cosa che possediamo".
Seguiamo il flusso di pensieri di Andrea, protagonista di una narrazione che si svolge in prima persona, percepiamo la sua fatica di vivere, la sua tendenza a rotolare via dai suoi stessi pensieri, il suo desiderio di stare ai confini del mondo, almeno fino al suo incontro con Sara che la costringe a mettere radici dentro se stessa.
E ora avvertiamo il suo tormento di trovarsi di fronte a un fratello perduto, che ripiomba in una notte d'estate nella sua esistenza, un fratello con cui non riesce a comunicare perché troppi silenzi hanno preceduto quel momento. Fino a quando quel silenzio non viene lacerato dalla terribile confessione di Giuseppe, dalla paura che quella ragazza investita sia già morta e che la polizia sia ormai sulle sue tracce.
Quale mai potrebbe essere la prospettiva di salvezza? Come rialzarsi dopo la caduta? In un momento così drammatico, in preda a un istinto irrazionale che mette la ragione a tacere, non si riesce a intravedere altro che la fuga come soluzione. I due fratelli cercano di aggrapparsi a uno spiraglio di speranza, con Giuseppe che ripete il primo principio della termodinamica (nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma) pensando che quella ragazza in fondo non è davvero morta. Vi è, in quel momento, il desiderio di farsi proteggere e custodire, unito al pensiero che la morte potrebbe non essere l'ultima destinazione. Tuttavia, la speranza non riesce ancora a prevalere, a sovrastare la paura.
Il flusso di pensieri di Andrea è un continuo vortice che ci consente di indagare a fondo la sua anima e quella delle persone che a lei sono legate. Le sue riflessioni passano dal dolore presente - anche attraverso le frasi tratte dalla serie televisiva "Grey's Anatomy", trascritte in un'agenda nera ormai consunta che diventa una vera e propria guida spirituale – ai frequenti flashback, ai ricordi che affiorano, al legame con suo fratello durante l'infanzia, alla difficile situazione familiare con un padre violento e una madre succube e debole, con Andrea che cerca in ogni modo di proteggere e custodire Giuseppe dal dolore e dal male, un po' come sta facendo adesso.


L'amore ricorre spesso in questo romanzo, anzi ne è l'elemento fondamentale e imprescindibile, la base di ogni rapporto che si possa definire tale, la linfa senza cui la nostra vita non ha alcun senso, anche se può far male, anche se può indurci a commettere alcuni errori.
E l'amore è quello che unisce Andrea e Sara, l'amore tra due donne, una storia che Andrea evoca proprio nel momento in cui teme di perdere la sua amata, quando Sara sembra volerla abbandonare al suo destino di protettrice di un fratello fuggiasco.
Sara, una ragazza, almeno in apparenza, fragile e avvolta da un alone di purezza, prima di convivere con Andrea, si prostituiva per pagare gli studi di filosofia e assistere la madre malata. Appassionata lettrice di testi filosofici, è una di quelle menti che "non sono in grado di accontentarsi del mondo così come appare, ma hanno bisogno di spingere il loro sguardo oltre, di cercare l'universo".
Mentre Andrea ricorda le fasi della sua storia d'amore con Sara, non può non pensare che è proprio grazie a questo amore che ha iniziato a vivere dopo aver trascorso anni ripiegata su se stessa, quasi come se fosse rinchiusa in una cassaforte. E, quindi, il destino non può che vederle unite.
"Guardare la vita in faccia ... essere in grado di amare gli altri e assicurarci che il nostro amore non sia inutile". Questo è il fulcro del pensiero di Andrea, questo è ciò che l'amore le sta insegnando, un amore che arriva in profondità e lascia il segno.
La fuga di Andrea, Giuseppe e Sara non è solo uno scappare dal pericolo e dalla paura, ma è anche un percorso di catarsi dai conflitti e dai problemi presenti e passati. Non a caso, la loro destinazione è un piccolo paese, Casigliano, un'oasi di pace, un luogo puro e incontaminato, in cui ha vissuto la nonna dei due fratelli, Adelina, che rivive nei ricordi di Andrea; una donna straordinaria che ci stupisce per la sua apertura mentale ("la famiglia nasce da un atto sessuale e non da un atto di amore) e per i suoi sentimenti di solidarietà, empatia, condivisione.
In questa oasi, la sensazione è che ci sia ancora speranza, che qualcuno possa arrivare a illuminare il loro cammino, allontanandoli dalla fitta oscurità. E, infatti, i ragazzi incontrano subito dopo due abitanti del posto, Pasquale e Antonia, persone di grande sensibilità e affabilità che fanno loro da guida nel paese, raccontando numerosi aneddoti. Pasquale, moderno Socrate, in un giorno di pioggia, spinge i ragazzi a raccontarsi storie, un modo per parlare di sé e guardarsi dentro alla ricerca della propria identità, del proprio percorso di vita.
E con i percorsi di vita dei tre ragazzi si delineano i temi portanti di questo romanzo:
  • l'omosessualità, con Andrea che attraversa una tempesta di sensazioni nella propria esistenza, cercando di capire se stessa, i propri impulsi, i propri desideri. Sensazioni che lei inizialmente avverte come deviate e caotiche. Poi, le prime esperienze e la rabbia nell'ascoltare i discorsi del padre, pieni di ignoranza, pregiudizi, omofobia. Il desiderio di allontanarsi da lui, per andare incontro all'amore di Sara;
  • la giustizia, con Giuseppe che fugge impaurito dal luogo dell'investimento e Andrea, novella Antigone, che combatte tra il desiderio di aiutare il fratello e il senso del dovere che le imporrebbe di andare alla polizia e sporgere denuncia. Fino a quando i due fratelli non realizzano che non vi è incompatibilità tra la legge e il cuore, se il cuore li spinge a fare ciò che è più sensato per il loro bene;
  • il carcere inteso non come strumento punitivo, ma come luogo di rieducazione, in cui i carcerati possano svolgere diverse attività, in questa loro pausa dalla vita, in modo da poter riaffrontare di nuovo l'esistenza una volta usciti;
  • il degradante mondo della prostituzione, un passato che assilla Sara che cerca di liberarsene attraverso un processo di catarsi che passa attraverso varie fasi (la distruzione di una videocassetta che la riprende in un rapporto sessuale con un cliente violento, l'interpretazione di una prostituta in una rappresentazione teatrale). Liberarsi del passato per vivere il suo futuro insieme ad Andrea.
Tanti temi, in questo romanzo appassionante che commuove e sorprende continuamente, tutti uniti da un unico grande legame, l'amore "l'unica cosa per cui vale la pena attraversare il gelo, in attesa che il sole sorga di nuovo e ci liberi dal freddo".

sabato 1 aprile 2017

Il "pesce d'aprile" tra curiosità storiche e spunti letterari

Come ben noto, il primo di aprile è un giorno assai particolare, essenzialmente dedicato a burle e scherzi di ogni tipo e in cui occorre stare molto attenti. Infatti, qualsiasi notizia che ci viene comunicata deve essere presa con le pinze, ricordandosi ben bene di guardare il calendario, perché potrebbe trattarsi, appunto, di un pesce d'aprile. E quest'anno tale ricorrenza non fa eccezioni, soprattutto sui social (dove già nel resto dell'anno di bufale ne girano parecchie).
In questo clima goliardico, difficilmente ci interroghiamo su quale sia l'origine di tale simpatica ricorrenza, diffusa in vari Paesi. Allora, curiosando un po' sul web, grazie alle notizie pubblicate in vari articoli, ho cercato di rintracciare diverse curiosità storiche intorno alle origini del "giorno degli scherzi", partendo da alcuni collegamenti con festività simili.
Infatti, nella maggior parte delle tradizioni e delle culture antiche si possono ritrovare diversi riti e feste per celebrare l'inizio della stagione primaverile, riti che in qualche modo posso essere collegati al "giorno degli scherzi".
Ad esempio, nell'antica Roma il 25 marzo era una giornata dedicata agli Hilaria, che costituivano il culmine dei festeggiamenti in onore della dea Cibele madre degli dei. L'intento era festeggiare il lento, ma graduale svanire dell'oscurità dell'inverno per giungere alla primavera, stagione maggiormente piena di luce e gioia.
Per ricostruire tali festeggiamenti ci vengono in aiuto gli storici dell'epoca. In particolare, Erodiano riferisce che in epoca imperiale durante il festeggiamento si teneva una lunga e solenne processione in cui si trasportava una grande statua della dea Cibele, cui venivano offerti oggetti preziosi e opere d'arte. In tale giorno, era permesso dar vita a scherzi e giochi di qualsiasi genere anche con maschere e travestimenti, assumendo l'identità e l'aspetto di chiunque si desiderasse.


Sempre nell'ambito della tradizione classica, gli studiosi hanno intravisto alcune affinità con i Veneralia, festività celebrata il primo aprile in onore di Venere Verticordia. Tale festività consisteva essenzialmente in una serie di riti svolti dalle donne, sia sposate che nubili, che erano le principali protagoniste. Esse, anzitutto, si recavano al tempio di Venere e procedevano ad un lavaggio sacrale della statua della dea, dopo aver rimosso tutte le decorazioni d'oro. Terminato il lavaggio e decorata la statua con fiori di rosa, le donne si recavano ai bagni pubblici maschili, opportunamente coperte di schermi di mirto, per ricordare il mito in cui Venere, sorpresa nuda a fare il bagno da alcuni satiri, si ricoprì per salvarsi. In tale luogo, andavano incontro alla statua di Fortuna Virile offrendo al dio incenso perché concedesse loro di nascondere agli uomini i loro difetti fisici. Infine bevevano papavero macinato e sciolto nel latte, addolcito col miele, per garantirsi bellezza, personalità e nobiltà.
Un'altra festività dedicata agli scherzi nell'antica Roma si può rinvenire nei Saturnalia, che si tenevano a dicembre ed erano dedicati all'insediamento nel tempio del dio Saturno e all'età dell'oro. Durante tale festeggiamento vi era un sovvertimento dell'ordine sociale, per cui gli schiavi si consideravano uomini liberi ed erano serviti dai loro padroni, dopo aver eletto il proprio princeps.
Anche nella tradizione indiana vi è una festa dedicata al divertimento, l'Holi, un festival primaverile in cui vi è l'usanza di sporcarsi il più possibile con polveri colorate per rendere omaggio ad un rito di origine induista che simboleggia la voglia di chi vi prende parte di rinascere sotto diverse forme. Il festival è diffuso soprattutto in India, Nepal, oltre che in altre zone del mondo in cui siano presenti gruppi di persone di origine indiana. La festa ha inizio la notte prima con l'accensione di un falò che prende il nome di Holika Dahan, dove Holika è il nome di un demone delle scritture Hindu e Veda. Il giorno dopo, di mattina la festa esplode in giochi, danze e colori. La data del festival non è fissa, essendo celebrata dopo l'equinozio di primavera in un giorno di plenilunio.


Passando, invece, agli episodi che avrebbero dato origine al pesce d'aprile, come festeggiato oggi, sicuramente, l'ipotesi più accreditata è legata a quanto accaduto in Francia verso la metà del Cinquecento con l'editto di Roussilon del 1564 e con l'applicazione del calendario gregoriano (1582), che spostarono le celebrazioni di inizio d'anno, in cui solitamente ci si scambiava doni, dal periodo 25 marzo – primo aprile al primo gennaio. Introdotto il nuovo calendario, vi fu chi, per errore o volontariamente, continuò, comunque, a festeggiare il Capodanno a marzo. Queste persone venivano considerate stupide e divennero oggetto di vari scherzi, come annunci di feste che poi non venivano realizzate o pacchetti regalo vuoti accompagnati da un biglietto, "Poisson d'Avril".
Sempre legati alle origini del pesce d'aprile, sono altri curiosi aneddoti. Ad esempio, vi è il racconto del beato Betrando di San Genesio, patriarca di Aquileia, che avrebbe miracolosamente salvato un papa, non meglio identificato, che stava soffocando per una spina di pesce. Il pontefice, ben felice e grato per essere ancora vivo, avrebbe decretato che ad Aquileia il primo aprile non si sarebbe più mangiato pesce.
Oppure, vi è lo strano e antico scherzo tra Marco Antonio e Cleopatra. Marco Antonio, per non perdere una gara di pesca, avrebbe deciso di barare, ordinando in segreto a uno schiavo di attaccare all'amo della sua canna un grosso pesce. Cleopatra, che difficilmente si faceva prendere in giro, scoperto l'inganno, avrebbe fatto sostituire la preda viva con un finto pesce fatto di pelle di coccodrillo.
Concludendo la "ricognizione" storica, si può affermare che in Italia l'usanza del pesce di aprile è abbastanza recente, essendosi inizialmente diffusa negli anni tra il 1860 e il 1880, dapprima nel ceto medio-alto e poi tra il resto della popolazione. La prima città in cui prese piede l'usanza degli scherzi fu Genova.


Passando, infine, agli "spunti" letterari, su sito de "Il libraio" ho ritrovato un simpatico racconto breve di Andrea Vitali, autore di numerosi romanzi tradotti in svariati Paesi. Nel racconto (qui il testo completo), è primo aprile, il protagonista sta viaggiando in treno e, per evitare di essere disturbato da un uomo appena entrato nel suo vagone, finge di leggere un libro. L'uomo, tuttavia, comincia lo stesso ad attaccare bottone, chiedendogli cosa stia leggendo e se quel libro sia interessante. Il protagonista si convince di avere davanti un insistente squilibrato che arriva addirittura a dirgli che lo sta prendendo in giro e che non se lo sarebbe mai aspettato da lui, anche se in una giornata dedicata agli scherzi. Il passeggero sembra davvero fuori di sé al punto che ... "aprì gli occhi, allungò una mano verso di me, afferrò il libro, lo capovolse e me lo rimise in mano. «Ecco», disse, «è in questo verso che si leggono i libri.» Quello almeno, senza dubbio, affermò. Ne era certo perché l’aveva scritto lui".