Sono ormai trascorse due settimane dalla novantesima cerimonia degli
Oscar, tenutasi il 4 marzo scorso al Dolby Theatre di Los Angeles. È
una proclamazione che sempre rappresenta per me un momento
particolare, attesa ogni anno con una certa trepidazione per scoprire se saranno premiati ed elogiati quei film che nel corso degli ultimi
mesi mi hanno emozionato, stupito, coinvolto o semplicemente
incuriosito. Una cerimonia attorno alla quale ruotano personaggi
straordinari e aneddoti curiosi e che in qualche modo ha contribuito
a costruire la storia del cinema.
Con il mio solito spirito poco giornalistico mi accingo a parlarne
soltanto adesso, più che altro per annotare finalmente nel blog (che
solo in via eccezionale si occupa di cinema) le più che positive
impressioni che mi hanno lasciato due dei film premiati quest'anno:
"Chiamami col tuo nome" e "L'ora più buia".
"Chiamami col tuo nome" rappresenta l'orgoglio italiano
all'estero: diretto da Luca Guadagnino, candidato, tra l'altro,
all'Oscar come miglior film, alla fine si è dovuto accontentare, pur
con onore, del premio per la miglior sceneggiatura non originale del
mio amato James Ivory (soggetto tratto dal romanzo omonimo di André
Aciman).
Il protagonista Elio (Timothée Chalamet) sta trascorrendo le vacanze
estive con i suoi genitori nella loro villa immersa nella campagna
del Cremasco. È un'estate molto calda che per il ragazzo
diciassettenne scorre placidamente, tra gli amati strumenti musicali,
gli studi e i bagni al fiume, fino a quando non irrompe nella sua
quotidianità lo studente Oliver (Armie Hammer), giunto in Italia per
completare gli studi di dottorato. I due ragazzi inizialmente
sembrano provare una reciproca diffidenza, entrando l'uno in contatto
con l'altro con una certa cautela. Ma poco alla volta Oliver
travolge Elio in una passione amorosa totalizzante, consumata con
foga giovanile nel timore che possa sfuggire con il volgere al
termine della stagione estiva. Un'esperienza travolgente che in
qualche modo cambia i pensieri e le prospettive di Elio.
È un film che ti catapulta in un'atmosfera rarefatta, onirica, quasi
sospesa nel tempo (richiamando alla mente alcune opere di James
Ivory), con le musiche coinvolgenti, gli affascinanti e silenziosi
chiaroscuri, i paesaggi che si perdono oltre la vista nel verde
brillante della campagna cremasca.
Dopo averlo visto, ho provato una certa malinconia pensando all'amore
che arriva all'improvviso, sconvolge i sensi e si allontana lasciando
una sensazione amara di vuoto, soprattutto quando manca da una parte
il coraggio di volgere lo sguardo ai propri sentimenti, di dar loro
una struttura stabile, un nutrimento duraturo. Eppure quel vuoto,
come afferma saggiamente il padre di Elio, non deve suscitare paura
fino al punto di paralizzare l'espressione delle proprie sensazioni,
poiché il sentimento, una volta provato, è comunque una fonte da
cui abbeverarsi, di cui arricchirsi, per cui sarebbe uno spreco non
provare nulla per il rischio di soffrire.
"L'ora più buia" è un film di genere storico e biografico
(tratto dall'omonimo libro di Anthony McCarten) diretto da Joe
Wright, incentrato sulla figura e sulle vicende di Winston Churchill,
a partire dal momento in cui venne nominato primo ministro britannico
agli inizi della Seconda Guerra Mondiale. Churchill è interpretato
magistralmente da Gary Oldman che per tale ruolo ha vinto l'Oscar
come miglior attore protagonista, essendo riuscito ad entrare
perfettamente nel personaggio e a riprodurre con straordinaria
esattezza ogni minima sfaccettatura del grande statista britannico.
Il film coglie tutta la tensione del Primo Ministro che allo scoppio
del secondo conflitto mondiale si trova di fronte a un grande
dilemma: negoziare un trattato di pace con la Germania nazista di
Hitler, senza alcuna certezza su quali condizioni verranno imposte e
con il rischio che il Regno Unito possa perdere la propria
indipendenza; oppure affrontare una guerra con tutte le conseguenze
che certamente ne deriveranno in termini di ingenti perdite e numero
di vittime, ma battendosi a testa alta per la libertà senza cedere a
compromessi.
Churchill è tenacemente combattuto e pressato dai Conservatori del
partito di Re Giorgio VI, che vorrebbero subito stipulare il trattato
di pace; ma lui, che raramente si immerge nei meandri della città,
non si arrende e decide di andare incontro al suo popolo fiero e
orgoglioso per comprendere, nell'ora più buia della sua Nazione,
quale sia la decisione più giusta.
Un film coinvolgente, non privo di ironia e tenerezza, da cui arriva
un chiaro messaggio sulla necessità di non scendere mai a patti con
il nemico nel momento in cui ciò dovesse implicare la rinuncia ai
propri valori e ideali.