Lo scorso 25 marzo, in una Capitale blindata contro ogni possibile
invasione di facinorosi manifestanti, si è celebrato il sessantesimo
anniversario della stipula dei Trattati di Roma, ovvero i due
fondamentali documenti che hanno sancito l'avvio del processo di
convergenza europea, con l'istituzione di due Comunità: la Comunità
economica europea (CEE) e la Comunità europea per l'energia atomica
(CEEA). Oggi 9 maggio, (altra data importante per il processo di
unificazione, come si dirà più avanti) si celebra, invece, la Festa
dell'Europa.
Tali festeggiamenti si svolgono in un clima di diffuso scetticismo
nei confronti delle istituzioni europee, accusate di non ascoltare le
istanze dei Paesi più deboli e di condannarli a una povertà sempre
più ampia. Ma negli anni cinquanta, lo scenario che accolse l'avvio
dell'unificazione europea era ben diverso.
L'idea alla base di tale progetto di convergenza ha origini lontane.
Infatti, secondo alcuni storici, i primi elementi a fondamento di una
comunione tra popoli potrebbero ricercarsi addirittura nell'Impero
romano, da cui è scaturita un'omogeneità culturale, poi rinforzata
dal Cristianesimo. Secoli dopo, Napoleone, dal suo esilio a
Sant'Elena, espresse il suo desiderio di far diventare tutti i popoli
europei un unico popolo, con una legislazione, una Corte di
Cassazione e un sistema monetario comuni. Un desiderio di
unificazione che, se realizzato a quei tempi, probabilmente ci
avrebbe risparmiato molte guerre e milioni di vittime.
Tuttavia, l'evento che effettivamente portò alla nascita dell'Unione
Europea fu, certamente, la Seconda Guerra Mondiale, le cui atrocità
fecero comprendere chiaramente che dai nazionalismi non potevano che
derivare continui conflitti. Si rendeva, quindi, necessaria una forma
di cooperazione tra Paesi che superasse i confini nazionali, mettendo
da parte il cosiddetto "mito dello Stato Nazione".
Le idee a fondamento di tale cooperazione furono trascritte nel
Manifesto di Ventotene, preparato nel carcere di Santo Stefano, di
fronte all'Isola di Ventotene, presso Latina, tra il 1941 e il 1944.
Al documento lavorarono alcuni esponenti antifascisti, tra cui
Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, che già durante
il conflitto mondiale stavano, dunque, preparando le condizioni per
una futura duratura pacificazione. L'obiettivo era creare un sistema
basato sulla interdipendenza degli Stati, una federazione con un
parlamento eletto a suffragio universale.
Occorre dire che, al termine del secondo conflitto mondiale, gli
Stati iniziarono a mettere in atto una serie di politiche economiche
che stimolassero consumi e investimenti (investimenti statali,
nazionalizzazione di attività economiche private, pianificazioni,
stanziamenti per servizi sociali). Infatti, le potenze mondiali, dopo
il disastro bellico, avevano finalmente realizzato che la loro
evoluzione era raggiungibile non con azioni belliche, ma tramite
l'ottimizzazione delle risorse e dei mezzi a loro disposizione nei
vari settori. Tali politiche portarono al boom economico
negli anni Cinquanta, con Germania e Francia che in pochi anni
divennero le più importanti potenze europee.
Gli Stati europei avevano, poi, compreso la necessità di rafforzarsi
e unirsi per presentarsi compatti sullo scenario internazionale e
poter competere con le potenze statunitensi e sovietiche.
Nel settembre 1946 l'ex primo ministro inglese Winston Churchill
propose, in un celebre discorso, la nascita degli "Stati Uniti
d'Europa". Fu quello un primo passo decisivo cui seguì due anni
dopo un congresso all'Aja (Olanda) organizzato per discutere di una
futura unione economico – politica. Il processo avviato all'Aja
portò il 5 maggio 1949 alla firma dei Trattati di Londra, con cui si
diede vita al Consiglio d'Europa, un'organizzazione che contribuì
alla promozione dei diritti umani ed elaborò, nel 1950, la
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali.
Successiva data fondamentale è il 9 maggio 1950 (attualmente giorno
della "festa dell'Europa, come sopra ricordato), in cui il
Ministro degli Esteri francese Robert Schumann propose di creare una
comunità internazionale i cui membri avrebbero dovuto mettere in
comune le loro produzioni di carbone e acciaio. Tutto questo al fine
di evitare una corsa individuale agli armamenti da parte degli Stati
membri stessi e di favorire l'economia continentale. Dunque, il 18
aprile 1951, a Parigi, Germania Ovest, Francia, Italia, Paesi Bassi,
Belgio e Lussemburgo firmarono un trattato per la gestione comune
delle proprie industrie di carbone e acciaio, mentre l'anno
successivo nacque la CECA (Comunità europea del carbone e
dell'acciaio).
Le riserve francesi nei confronti della Germania in tema di riarmo
fecero, invece, naufragare l'idea di una Comunità europea di difesa.
Infine, si arrivò ad un'altra data fondamentale, il 25 marzo 1957,
con la firma dei Trattati di Roma e la nascita dell'EURATOM
(Comunità europea dell'energia atomica) e della CEE (Comunità
economia europea).
In particolare, la CEE si poneva l'obiettivo di promuovere una
crescita stabile e duratura dei Paesi partecipanti mediante la
creazione di uno spazio comune di scambi. Da un lato, la Comunità,
basata sostanzialmente su un'unione doganale, non aveva alcuna
politica di difesa ed estera comune, per cui non si poteva parlare di
una vera e propria federazione. Tuttavia, dall'altro lato, la
progressiva liberalizzazione degli scambi costituì un fattore di
sviluppo per gli Stati membri. Venne, infatti, costituito il Mercato
europeo comune (MEC) in cui persone, servizi, merci e capitali
potevano liberamente circolare. Nel 1992, il Trattato di Maastricht
istituì l'Unione europea ponendo le basi per la successiva Unione
monetaria.
L'unificazione europea è stato un importante fattore che ha
contribuito a creare un clima di pace in Europa, considerato che
attualmente si potrebbe considerare impensabile una guerra tra Stati
membri. Nel 2012 venne, per tale motivazione, conferito all'Unione
europea il Premio Nobel per la Pace. Altri successi sono da
individuare nella maggior sicurezza sulla tracciabilità dei prodotti
e negli investimenti per l'educazione.
Tuttavia, la Brexit, gli euroscetticismi e i nazionalismi, pur
all'indomani delle elezioni francesi e della sconfitta di Marine Le
Pen, inducono a riflettere sull'attuale sistema e sulla necessità di
un cambiamento. Luca Zingales, in un interessante articolo pubblicato
sul Sole 24 ore del 23 marzo 2017 (Salviamo la Ue dagli
«europeisti») sottolinea proprio questo: "I veri nemici
dell’Europa non sono i movimenti populisti, ma i cosiddetti
europeisti che occupano le stanze del potere europeo. Sono loro che
non riconoscono quello che gli stessi padri fondatori dell’euro
hanno ammesso: che la moneta unica è stata concepita senza le
istituzioni necessarie per farla funzionare. Quasi vent’anni dopo
(e dopo una profondissima crisi) queste istituzioni non sono state
create. Nel vuoto istituzionale, la Bce – creata col solo scopo di
contenere l’inflazione – è diventata un’istituzione politica
senza mandato, che può sostenere o far cadere i governi nazionali
grazie a decisioni tecniche, poco comprensibili ai più.
Lungi
dall’essere irrazionale, la rabbia populista è alimentata da un
profondo scontento e da un pesante deficit democratico in Europa, che
impedisce a questo consenso di esprimersi nelle forme tradizionali.
Per salvare l’ideale di un continente dove popoli diversi possano
vivere in pace e prosperità, bisogna cambiare questa Europa, ma
come?
Nel
1787 fu evidente che il sistema di governo stabilito dallo Statuto
della Confederazione era inadatto a governare la giovane nazione
americana. Per questo in quell’anno fu convocata a Filadelfia
un’assemblea costituente.
Da
quell’assemblea nacque la costituzione americana ancora oggi in
vigore. È quello di cui ha bisogno oggi l’Europa: un’assemblea
costituente eletta a suffragio universale.
Non solo il gradualismo non ha funzionato, è stato
controproducente. Per questo bisogna avere il coraggio di superare i
miopi interessi nazionali e provare a disegnare insieme una nuova
costituzione, scelta dal popolo e non da tecnocrati illuminati.
L’operazione non è senza rischi, ma il rischio maggiore è lo
status quo".
In altre parole, la nostra Europa, per funzionare davvero, non ha
bisogno solo di una moneta unica e di un comune spazio di scambi, ma
anche di una politica comune basata su regole costituzionali
condivise. Per realizzare quella federazione che i padri costituenti
avrebbero voluto.
(Nota bibliografica: Giorgio Gaia "Introduzione
al diritto comunitario"; "Compendio di Storia – Edizioni
Simone"; Focus Storia n. 126/2017)
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