«Si
avvicinò piano e il cono di visuale si strinse sfocando le pareti
laterali. Più avanzava, più Bianca diventava riconoscibile, il
profilo dagli zigomi alti e le labbra sottili congelate in un lieve
sorriso eterno. Un senso di trionfo emergeva dal suo corpo immobile,
come l’eroina di un tempo passato, vittima del più terribile degli
incantesimi. Lei, quel corpo ancestrale al centro di un sonno
bianco».
“Sonno
bianco”
(Hacca Edizioni), il secondo romanzo di Stefano Corbetta, è la
storia di un’assenza e del dolore che inevitabilmente da tale
assenza deriva, è una disamina sincera e commossa dei sentimenti di
una famiglia che si trova a fare i conti con quel dolore così
smisurato, una famiglia i cui membri, cercando di reagire, trascinano
ogni giorno la propria vita alla ricerca di un possibile equilibrio.
Bianca
ed Emma sono due gemelle, tanto identiche nell’aspetto fisico
quanto diverse nel carattere, protettiva ed estroversa la prima, più
chiusa e insicura la seconda. Hanno nove anni quando, nel corso di
una gita scolastica in montagna, vengono travolte da un camion: Emma,
nel rincorrere una pallina di gomma, aveva attraversato la strada
senza accorgersi del pericolo imminente, mentre Bianca le si era
buttata addosso cercando di metterla in salvo. Emma viene gravemente
ferita a una gamba che, dopo numerose operazioni, rimane più corta
dell’altra costringendola per sempre a un’andatura claudicante.
Bianca, invece, colpita alla testa, entra in uno stato di coma
vegetativo.
Per
i successivi nove anni, dunque, Emma e i suoi genitori, Enrico e
Valeria, si ritrovano a dover gestire questa dolorosa situazione, tra
rancori e rimorsi per non essere riusciti a evitare un incidente
simile e con la speranza che Bianca un giorno si risvegli per tornare
a vivere con loro uscendo da quella stanza con le bianche pareti
all'interno dell’istituto in cui è ricoverata da tanto tempo.
Con
la sua scrittura sobria, limpida, scorrevole, quasi musicale,
l’autore fa emergere una sofferenza che, grazie anche alla
descrizione attenta e minuziosa di gesti e azioni dei singoli
personaggi, sembra quasi dilatarsi in un tempo immobile, come se
tutto fosse rimasto fermo a quella drammatica giornata in cui
l’incidente è avvenuto: «Era
come se tutto, dopo l’incidente, si fosse ridotto a pochi giorni
messi in fila, vuoti e senza significato, in cui l’unico sentimento
sopravvissuto era un senso di colpa latente che inquinava ogni cosa e
non li abbandonava mai. E tutto era sempre stato neutralizzato con il
silenzio».
Il
silenzio di un’assenza, che pian piano scava dentro annullando ogni
reazione, è uno degli elementi chiave che emerge dalla narrazione.
Il silenzio cui Bianca è costretta a causa del suo sonno bianco,
sembra a poco a poco indurire il cuore dei suoi familiari, come un
“velo sottile
e invisibile”
che si posa su di loro: invece di farsi forza reciprocamente,
sembrano allontanarsi ogni giorno di più costruendo una parete
sempre più spessa.
Il
romanzo si concentra, quindi, sull'evoluzione interiore dei singoli
componenti di quella famiglia in rapporto al dolore che vivono
quotidianamente. In particolare, Emma sembra schiacciata dai sensi di
colpa, il pensiero di sua sorella diventa quasi ossessivo, le pare
addirittura di vederla mentre si trova sul palco del teatro per le
prove della compagnia di cui fa parte. Era Bianca che avrebbe dovuto
fare l’attrice, è questo a cui pensa spesso Emma, come se stesse
vivendo una vita non sua e avesse usurpato il posto di sua sorella. E
la ragazza sembra voler tradurre questo suo angosciante rimorso in
una scultura di creta realizzata a scuola, due mani giunte in cui
viene posizionata quella pallina di gomma che Emma stava rincorrendo
il giorno dell’incidente. Un pensiero che le impedisce di vivere
pienamente, che la costringe a ritrarsi non appena un’occasione di
felicità si protrae all’orizzonte, nonostante il piccolo Mattia,
vicino di casa e prodigioso pianista, e il suo giovane maestro Leon
cerchino di restituirle quella dimensione di intima familiarità che
a casa orma era scomparsa da tempo.
Perché
a casa c’è sua madre Valeria che sembra quasi aver abdicato al suo
ruolo materno, rinchiusa nel suo dolore e nel rancore verso sua
figlia e suo marito, che come lei devono pagare il prezzo di quella
tragedia, con il silenzio «che
aveva iniziato a prendere l’intero spazio della sua vita».
E c’è suo padre Enrico, che, pur cercando di mettere insieme i
pezzi delle loro vite e di intravedere il fondo del tunnel, può solo
constatare quanto le donne della sua vita si siano ormai allontanate
da lui.
“Sonno
bianco”
è, dunque, un romanzo coinvolgente da cui emerge una sentita
partecipazione al profondo dolore di tante famiglie che si ritrovano
ad avere un parente in uno stato vegetativo, è una storia di silenzi
e rancori, ma in cui a un certo punto si avverte come ineludibile
l’esigenza di alzare la testa e lottare, di colmare l’assenza e
il silenzio, di rimediare ai tanti errori commessi.