Una statua rappresentante la dea Ecate, mitologica figura con le
sembianze di tre donne unite per la schiena (una giovane, una adulta
e una anziana) e con il compito di accompagnare gli uomini ancora in
vita nel regno dei morti, è l'elemento centrale di un interessante
romanzo noir di Vito Santoro, intitolato appunto "I
tre volti di Ecate" (Edizioni Spartaco). Si tratta di una
statua di grande valore, attorno a cui si snodano inevitabilmente le
vicende dei protagonisti che, per desiderio di possesso o semplice
casualità, si ritrovano a contatto con essa.
La vicenda ha, dunque, inizio con Alberto e Dario, due ragazzi che,
per guadagnare qualcosa, spesso si fanno coinvolgere in lavoretti non
proprio legali e che sono stati inviati da Messala, proprietario
alberghiero dedito a loschi affari, nella villa del Conte Balsamo per
rubare la preziosa statua. Tutto sembra andare per il meglio:
l'antifurto disattivato, la porta della sala dove è conservata la
statua agevolmente scassinata. A un certo punto accade l'imprevisto:
un uomo che sembra comparso dal nulla e che non sarebbe dovuto essere
lì, interviene puntando una pistola contro Dario, ma viene colpito a
morte da Alberto, che nel frattempo si era nascosto. Tale imprevisto
è simile alla tessera di un domino che, cadendo, travolge tutte le altre
diffondendo presagi di morte: infatti, subito dopo quanto accaduto
nella villa, ha inizio una girandola di fughe e inseguimenti alla
ricerca della statua, che passa di mano in mano lasciando dietro di
sé una scia di cadaveri.
Il romanzo si distingue per la sua scrittura precisa e lineare, con
un stile privo di ridondanze, ma ricco di interessanti sfumature, con
una particolare attenzione alla scelta dei termini, specialmente
nella descrizione dei luoghi in cui si dipana l'intreccio narrativo.
Attenta è anche la costruzione dei personaggi per i quali la linea
di separazione tra bene e male, come si dirà dopo, non è mai così
netta. Alberto e Dario sono due giovani che cercano di affrontare
un'esistenza vissuta in un ambiente popolare: molto legati tra loro,
ma completamente diversi, l'uno più riflessivo, attento e leale,
l'altro più istintivo e incapace di star lontano dai guai, tentano
di sbarcare il lunario come possono, anche se ciò significa
infrangere la legge, e guardano con disprezzo i ragazzi più ricchi
e viziati che non hanno mai dovuto faticare per ottenere qualcosa.
I ragazzi cercano di cavarsi di impaccio rivolgendosi a un loro
amico, Mario Sforza, definito "il mercenario" e con un
passato poco chiaro. Sforza è in realtà un uomo di grande umanità,
che ha perso tragicamente i propri cari e che non esita a intervenire
in favore di chi è in difficoltà. Molto affezionato ai due
giovani, tenta in ogni modo di salvarli da quella che sembra una
condanna a morte già scritta e di contrastare chiunque cerchi di far
loro del male.
Il commissario Nebbio, colui che dovrebbe indagare sul furto e
sull'omicidio avvenuto nella villa, è in realtà un poliziotto
corrotto, l'intermediario tra il misterioso personaggio che ha
commissionato il furto e Messala che ha, invece, avuto il compito di
organizzare la rapina. E Nebbio, considerato l'evolversi degli
eventi, non esita a intimare a Messala di recuperare la statua e di
eliminare qualsiasi testimone, inclusi Alberto e Dario. Nebbio è un
uomo spietato che uccide semplicemente per il gusto di farlo e che
esprime chiaramente la sua concezione di bene e male: "Voi e
la vostra visione incantata della vita. Mi chiedevo come fosse
possibile filtrare la realtà in questo modo, ma poi ho capito che la
vostra è solo cecità. Il male, il bene. Qual è il significato del
bene se non si conosce il suo opposto? Male e bene sono un'unica
cosa, l'uno ha bisogno dell'altro.".
Questa commistione tra bene e male sembra trapelare in molti aspetti
della vicenda, rivestendo di una certa ambiguità alcuni personaggi.
Come Messala, che nella sua attività non esita a intraprendere
azioni illecite, ma poi, recuperata in qualche modo la statua, fugge
via non solo per evitare di affrontare i propri nemici, ma per
inseguire un desiderio passato, una storia d'amore che avrebbe
potuto, ma non ha mai avuto un seguito. O come il Conte Balsamo che
ambisce a riavere la sua amata e preziosa statua, mantenendo un alone
di mistero sui veri motivi che lo legano a tale oggetto.
"I tre volti di Ecate" è, dunque, un romanzo
avvincente, ma nello stesso tempo pieno di intriganti spunti di
riflessione. Sullo sfondo l'ambita e ambigua statua, un oggetto che
crea un misterioso turbamento in chi la osserva attentamente, come se
riuscisse a captare il fatale messaggio di cui la dea si faceva
portatrice nell'antichità. Quel destino ineluttabile verso cui
ognuno viene condotto.
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