Alcune settimane fa ho avuto di modo di rileggere un romanzo dello
scrittore Raffaele Crovi cui mi ero già dedicato circa venti anni
prima, intitolato "L'indagine di Via Rapallo". Un
giallo, quindi, finalista al Premio Strega nell'edizione del 1997, la
cui rilettura, oltre a riportarmi indietro nel tempo all'estate dopo
la maturità, mi ha svelato e fatto riscoprire nuovi aspetti.
L'indagine si concentra essenzialmente intorno alla morte di uno
scrittore, Orio Zaniboni, in apparenza caduto accidentalmente da un
balcone. A valutare se si sia trattato di un incidente o di un omicidio
viene inviato il vice ispettore Gino Pompei, che si finge cugino del
defunto, incaricato di effettuare un inventario dei beni che dovranno
formare oggetto di una eredità dello scrittore in favore di
un'università.
Pompei, esperto di idraulica, approfitta di tali doti per girare tra
gli appartamenti degli otto piani del condominio di Via Rapallo in
cui il presunto incidente (o omicidio) è avvenuto. E tra un
rubinetto che perde, tubature da riparare e termosifoni che scaldano
poco, cerca di scoprire nuovi elementi chiacchierando con gli
abitanti di quel palazzo, tra cui spiccano diversi personaggi ambigui
e bizzarri.
L'indagine mette in luce una realtà piena di conflitti sociali e di
disagio, con condomini che dialogano poco tra di loro e non conoscono
quasi nulla l'uno degli altri, vivendo realtà parallele che
difficilmente sembrano intersecarsi, se non quando si tratta di
lasciarsi andare a ripicche e rivalse.
Tutto ciò accade in una metropoli, Milano, in cui "la
solitudine, la mancanza di dialogo familiare e comunitario, genera in
molti il cancro della depressione, che suggerisce il corteggiamento
della morte".
Il vice ispettore, nel suo peregrinare tra un appartamento e l'altro,
incontra, quindi, molteplici personaggi che sembrano abitare pianeti
distanti: gli Allegretti, padre e figlio, ladri gentiluomini e forse
più sinceri di tanti finti perbenisti; il giovane Felice, ben presto
orfano di entrambi i genitori e privo di altri legami di parentela
(la nonna, unica familiare, è morta da poco), preso dai suoi studi e
avvolto da un alone di mistero assieme alla sua amica Alice; la
portinaia Sonia, che sfrutta il sesso e le gravidanze come strategia
di sopravvivenza, per sfuggire a una condanna a seguito dell'omicidio
del marito; l'infido amministratore.
"In un palazzo urbano non c'è dialogo: c'è l'incontro
casuale per le scale o in ascensore che può diventare scontro di
avare parole; non ci sono discorsi, ci sono silenzi, invettive o
delazioni". E gli inquilini si svelano anche nel loro
rapporto con il defunto, quello scrittore impiccione che amava
indagare e intromettersi nelle vite altrui, per rinvenire materiale
narrativo per un nuovo romanzo sui conflitti urbani oppure, come
molti sostengono, con un intento moralizzatore.
L'autore adotta uno stile assai sobrio, quasi cronachistico, e a
tratti ironico, nel suo mostrare i resoconti degli incontri
quotidiani del vice ispettore. E non manca, forse, qualche stereotipo
nella costruzione di alcuni personaggi e di talune vicende.
In particolare, nel romanzo viene introdotta la figura del professore
trentenne, Sergio Conti, che rivela di essere omosessuale e viene
descritto, secondo un canone di frequente utilizzato in narrativa, come impeccabile
amante dell'ordine, un uomo solo, infelice, inquieto, pieno di sensi
di colpa, soprattutto dopo il suicidio dei genitori. E per il suo
"atteggiamento eccessivamente morbido", uno
stereotipo che risente di pregiudizi diffusi ancora oggi, il professore viene respinto dal giovane deejay, Luigi
Neirotti, presso cui si era recato per farsi prestare alcuni dischi.
Il Neirotti, descritto come il classico deejay rinchiuso in un suo
mondo di musiche, discoteche, luci colorate, riceve, come gli altri,
la visita del vice ispettore che, in qualche modo, si convince che il
ragazzo sia omosessuale, salvo poi ricredersi (il Neirotti ha un
flirt con un'altra ragazza che abita nel palazzo) e toglierlo dalla
"lista degli ambigui e, quindi, dei sospettabili".
E, a questo punto, non si può fare a meno di chiedersi perchè mai, secondo l'autore,
un omosessuale, in quanto tale, debba essere automaticamente incluso
nella lista dei sospettati per un omicidio.
Il finale, in ogni caso, non presenta particolari soprese o colpi di
scena nella scoperta del colpevole, per cui il romanzo, più che come
giallo, è interessante in quanto propone, pur con i limiti sopra
evidenziati, un'analisi sociologica con un'indagine dei conflitti e
delle ambiguità che caratterizzano quei numerosi microcosmi
quotidiani tra loro non comunicanti che si collocano nella realtà
metropolitana.
Nessun commento:
Posta un commento