“E sai perché non hanno paura? Perché sono belle, bellissime.
E sanno di esserlo. Nessuno ucciderebbe una coccinella”. Teo –
il protagonista del bellissimo romanzo di esordio di Stefano Corbetta
“Le coccinelle non hanno paura” (Editore Morellini) - non
può fare a meno di condividere queste parole, pronunciate da un
ragazzino appassionato come lui di fotografia, incontrato
casualmente in un parco. E l'idea che la coccinella, grazie alla sua
bellezza, possa salvarsi dalla mano minacciosa di chiunque, mi
riporta a uno dei temi fondamentali che ho colto in questo romanzo,
ovvero che solo sviluppando una propria forza, una propria ricchezza
interiore si può andare avanti inseguendo determinati obiettivi e
cercando di sconfiggere ogni timore, soprattutto la paura della
morte, nella ricerca dell'eternità.
Teo ha una grande passione per la fotografia, sviluppata sin da
quando era piccolo e andava in giro osservando e riprendendo ogni
angolo della casa da differenti visuali. Questa passione nasconde un
segreto, una capacità particolare che rimane per lungo tempo celata
agli altri, ovvero la possibilità per Teo di catturare immagini con
gli occhi, di inquadrare una scena e immortalarla con il semplice
movimento di una palpebra, per poi conservarla, perfettamente
intatta, nella propria memoria sensoriale, che si trasforma in un
immenso archivio.
È un dono che per Teo si rivela ben presto molto simile a una
maledizione, che lo porta a vedere “la muta condanna di tutte le
cose”, l'evoluzione successiva, sino alla morte, di qualsiasi
essere vivente lui riprenda. E ciò lo spinge a non fotografare mai
persone o animali, ma soltanto elementi inanimati e paesaggi.
Teo ha scoperto da poche settimane di avere un tumore al cervello:
l'assenza di sintomi ha portato ad un accertamento tardivo, per cui
il cancro si è talmente diffuso da non essere più operabile. E a
quel punto decide che vi può essere un solo modo per affrontare il
poco tempo che gli è rimasto da vivere, ovvero “trattare la
faccenda nello stesso modo in cui scatta fotografie: osserva la luce,
fa clic e non pensa a nient'altro che non sia la foto successiva”.
In questo, dimostra, quindi, una ostinata determinazione nel volere
procedere linearmente lungo una traiettoria che non ammette
deviazioni, come se stesse giocando una partita a scacchi in cui le
strategie si susseguono regolarmente senza discutere, allontanando da
sé ogni forma di compatimento.
In questo suo percorso gli unici che possono stargli vicino e
assecondare la sua volontà sono i suoi migliori amici, Luca ed
Elena, che si conosciuti e innamorati proprio grazie a lui e adesso
aspettano un figlio. Soltanto loro sono a conoscenza del reale stato
di salute di Teo, ma non riescono ad arrendersi all'idea che il loro
amico a breve dovrà abbandonarli.
Eppure qualsiasi strategia, qualunque traiettoria non può non
conoscere una deviazione improvvisa che distoglie l'attenzione dal
percorso già delineato. E questa deviazione è rappresentata da una
persona che Teo non ha mai conosciuto e che non potrà più
conoscere, la zia di Elena, Grazia, che, durante il viaggio
intrapreso per raggiungere la nipote, viene coinvolta in un incidente
mortale. Un evento luttuoso che sconvolge la vita di Teo che “si
chiede cosa stia facendo lì a svuotare la casa di una donna che non
ha mai conosciuto, tra il pieno e il vuoto di quelle mura a fare lo
stesso lavoro che un giorno qualcun altro farà a casa sua”.
A questo punto, il racconto diviene un gioco a incastro, in cui si
compongono differenti destini e le vite presenti e passate finiscono
per intersecarsi le une con le altre, mentre Teo si sforza di trovare
un filo conduttore. Elemento scatenante di questa ricerca è una
vecchia fotografia in bianco e nero che ritrae Grazia assieme a un
uomo misterioso, una foto contenuta in una cartellina, intestata a un
certo Signor P., con alcuni fogli dattiloscritti che Teo ritrova tra
le cose di Grazia temporaneamente depositate a casa sua.
L'autore, partendo da questo elemento, ha costruito un solido
intreccio narrativo, basato su una scrittura nel complesso immediata
e lineare, ma che riserva diverse pagine dense di una poeticità a
tratti malinconica, senza mai essere banale o scadere nel patetico,
capace di suscitare immagini che si fissano nella mente nitide come
fotografie. Corbetta indaga a fondo le sensazioni di Teo nel suo
percorso che costituisce l'ultima fase di un'esistenza che non ha
fatto in tempo a godere pienamente, in cui cerca di procedere senza
sbandare, fuggendo sempre un attimo prima dalla tentazione di cedere
alla disperazione e di lasciarsi andare al suicidio.
Nell'intreccio all'improvviso si materializza Arianna, una giovane
psicologa temporaneamente impiegata in un negozio in cui Teo si
ritrova ad acquistare cinque t-shirt nere, e a cui il romanzo riserva
uno spazio speciale, con pagine narrate in prima persona, quasi un
diario. Si rivedono pochi giorni dopo l'acquisto, quando Arianna gli
restituisce la cartellina del misterioso Signor P. che lui aveva
distrattamente dimenticato sul bancone. È, quindi, il caso, o il
destino, a farli incontrare di nuovo. E Teo non può evitare di
essere conquistato da lei, dalla sua semplicità, dal suo entusiasmo,
dalla capacità di percepire i mondi che si celano dietro le parole e
di dire sempre qualcosa in grado di destare sorpresa.
La storia tra i due inizia pian piano a farsi strada, delicatamente,
tra scambi di vedute sull'arte della fotografia e ricordi lontani di
foto in bianco e nero, tra sorrisi e rimpianti. E Teo, inizialmente
timoroso di legarsi a lei per il troppo poco tempo che le potrebbe
dare, vince le sue resistenze, allarga l'orizzonte della sua
consapevolezza e comprende che non può buttar via gli ultimi istanti
della sua esistenza. È la malattia a fargli vedere, a un certo
punto, le cose con occhi diversi, ma anche l'incontro con il Signor
P., ovvero Primo Guerrieri, della cui storia, trascritta in quei
fogli, inizia ad appassionarsi, coinvolgendo anche Arianna: il
viaggio intrapreso anni prima in un santuario toscano, l'incontro con
Grazia, il mistero attorno al diario di un bambino coinvolto nei
bombardamenti tedeschi, al termine del secondo conflitto mondiale,
presso la Linea Gotica, che tanto sconvolge Primo. Storie racchiuse
le une nelle altre come scatole cinesi.
“Il Signor P. era stato vinto dagli eventi e dalla propria mente.
Teo si sente così simile a quell'uomo da pensare che in fondo anche
la sua vita finirà così, senza capirci niente e senza poter
reagire, sospeso tra il mondo reale e un soffocato desiderio di
rivalsa”. E Teo, reagendo a questo pensiero, quasi per chiudere
il cerchio in cui si muovono tutte queste storie, pur nella
consapevolezza che la sua forza fisica è ormai esaurita per il
repentino progredire della malattia, di quella maligna massa tumorale
che si estende sempre di più, non si arrende e va alla ricerca del
Signor P.
Dopo aver terminato il romanzo, non posso fare a meno di pensare a
quello che mi ha lasciato Teo, uno di quei personaggi di cui si sente
la mancanza dopo aver chiuso il libro: il suo desiderio di fuggire da
quelle immagini di muta condanna, la sua voglia di eternità, che
insegue fotografando il cielo e lasciando in un foglio scritto parole
destinate ai suoi cari, e quella sottile speranza, rappresentata da
una coccinella che si muove lenta sulla superficie di un finestrino.
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