"Lei guardò il ragazzo e il figlio che aveva appena
partorito spalancando i suoi occhi chiari lucidi di pianto; li guardò
come mai prima di allora aveva guardato, e per un ultimo istante al
mondo non furono che loro tre".
"Quella solitudine immensa di amarti solo io",
l'opera prima di Paolo Vitaliano Pizzato (Editori Priamo e
Meligrana), è un romanzo intenso, intimo, fortemente introspettivo,
che tocca le corde dell'anima con quella delicatezza di chi arriva in
punta di piedi, ma con la sua sensibilità letteraria riesce sempre a
lasciare il segno. Anche se con le successive opere Paolo ha
raggiunto una diversa maturità stilistica, non posso non sentirmi
legato a questo suo primo romanzo (in ordine di pubblicazione), che
contiene il germe essenziale della sua scrittura.
La trama è, in apparenza, semplice: due giovani hanno appena avuto
un figlio, ma la felicità di tale evento viene ben presto oscurata
dal timore di non essere in grado di diventare bravi genitori, una
paura che sembra bloccarli anche di fronte a banali imprevisti, come
il pianto improvviso del bimbo o le difficoltà della madre nel
dargli il latte. Sono timori dietro cui si celano conflitti mai
risolti con le rispettive famiglie, che tornano di frequente a
tormentarli.
Quella di Pizzato è una scrittura accurata nella scelta dei termini,
nelle descrizioni degli ambienti, filtrate attraverso lo sguardo
attento del protagonista, nella costruzione delle frasi sempre fluide
ed eleganti, una scrittura che nello stesso tempo denota anche una
forte istintività, una spontaneità che trasuda da ogni pagina:
l'autore si dà completamente, con assoluta trasparenza rivela il suo
mondo interiore, mostra la sua visione delle cose, spesso disillusa e
disincantata, una visione che viene trasfusa nei suoi personaggi
principali, colti nelle loro fragilità e paure, smarriti lungo il
percorso alla ricerca di se stessi e della propria identità.
I protagonisti, i genitori del piccolo Cristiano, sono tratteggiati
in tutta la complessità del loro carattere. Il padre, chiamato
semplicemente "il ragazzo", è un giovane introverso che
mostra una grande attenzione per i dettagli, in una sorta di
ossessione per l'ordine, e nutre una forte passione per i libri,
passione che vorrebbe trasmettere anche a suo figlio.
La sua vita è continuamente attraversata da dubbi e paure, che lo
bloccano e gli impediscono di credere alla possibilità di essere
felice: "Non era, la sua, comune ritrosia, né difficoltà a
rapportarsi agli altri e neppure senso di inadeguatezza, che pure
spesso sentiva acutamente; non si trattava di una specificità del
suo carattere quanto piuttosto di una sorta di "doppio" che
qualche volta si sostituiva a lui. [...] Qualche volta il ragazzo
pensava che la sua vita non fosse altro che questo, una continua
attesa, fradicia di terrore, dell'arrivo del proprio doppio,
l'inevitabile resa alla sua violenza e la faticosa restituzione degli
accadimenti di cui era stato vittima a un ordine possibile talmente
fragile da sfiorare l'inconsistenza, fondato soltanto sulle patetiche
ansie di una fantasia sovraeccitata".
La continua paura che tale doppio possa presentarsi, quindi, lo ha
sempre indotto a fuggire da difficoltà e responsabilità,
rifugiandosi in un mondo illusorio, in cui ogni ostacolo è già
superato. Sullo sfondo vi è il ricordo di una madre che non c'è più
da alcuni anni, per la quale il ragazzo prova una infinita nostalgia,
un rapporto irrisolto che gli ha lasciato molti sensi di colpa e
l'idea che forse solo con lei potesse esserci una vera famiglia, Un
ricordo che ritorna continuamente nei pensieri del ragazzo,
soprattutto nei momenti di sconforto, quasi un'ancora a cui
aggrapparsi.
Emma, la madre del bimbo, ci viene presentata come una ragazza capace
di donare sempre un sorriso gentile e di amare gli altri per ciò che
sono, inclusi i difetti, le ansie e le piccole ossessioni. Concreta e
intelligente, Emma ha dovuto sopportare il peso di una famiglia che
non ha fatto altro che bloccarla nell'espressione della propria
identità, cercando di imporle le proprie scelte, ritenute più
giuste, e tarpandole le ali. In particolare, sua madre si presenta
come una figura ingombrante che non esita a far valere sulla figlia
la propria esperienza per indurla a seguire le sue convinzioni. Pur
se determinata ad affrancarsi da tale prigionia, cercando di seguire
le proprie passioni e sentirsi realizzata professionalmente, Emma ne
esce fortemente condizionata nell'espressione dei propri sentimenti.
La nascita del bimbo viene, dunque, vista come il momento in cui
tutti i contrasti e i conflitti irrisolti vengono alla luce, una
prova cruciale in cui i due ragazzi mostrano tutta la loro
vulnerabilità. Da un lato, vi è il ragazzo, che vorrebbe
fortemente divenire l'artefice della felicità di suo figlio,
facendolo crescere nella consapevolezza che il dolore esiste, ma
fornendogli tutto l'aiuto necessario per poterlo affrontare, senza
rinchiuderlo in una gabbia dorata, in modo che possa divenire forte e
in grado di sostenere ogni avversità che il destino vorrà porgli di
fronte. È un desiderio che qualsiasi padre proverebbe, quello di
rendere un figlio capace di costruire il proprio futuro, ma che deve
scontrarsi con le paure del ragazzo, la convinzione di non essere in
grado di sopportare una simile responsabilità. Dall'altro lato, c'è
Emma, che pur amando i suoi genitori, vorrebbe liberarsi dai loro
condizionamenti, dimostrare di essere in grado di crescere e badare a
suo figlio, senza vedersi continuamente rinfacciare l'esperienza di
sua madre. Vuole mostrare di essere finalmente una madre e non più
solo una figlia, in questa sua lotta vorrebbe il ragazzo accanto a
sé, libero finalmente dalle sue paure, ma ogni difficoltà diviene
fonte di frustrazioni.
"Lotta, battaglia, scontro, conflitto ... parole che
disegnavano, o meglio abbozzavano, i contorni, la trama di punti di
vista, opinioni, certezze differenti, opposte". Il solco tra
generazioni, è questo il tema fondamentale di questo romanzo, un
solco che spesso diviene una parete di incomunicabilità e
incomprensione, in cui i figli cercano di conquistare la propria
identità, il loro essere un'entità separata rispetto ai loro
genitori, combattendo contro l'incapacità di questi ultimi di
accettarlo.
È un tema fortemente attuale, che tocca sentimenti comuni, rapporti
che, almeno in parte, in molti hanno sperimentato. Un argomento che
l'autore sviscera fino in fondo, con quella consapevolezza (che
ritornerà anche nei suoi successivi scritti) che le scelte compiute,
anche senza la volontà di far del male, si ripercuotono
necessariamente sugli altri, condizionandone le successive azioni
come "un maligno cordone ombelicale che un dio privo di
misericordia, o molto più banalmente un infermiere distratto, non si
era curato di recidere e che lo teneva legato a un destino minaccioso
e terribile come un cumulo di nubi temporalesche".
Grazie! Di cuore
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