In
un precedente post avevo riportato alcune brevi note sui dodici
candidati al Premio Strega 2018 (cenni biografici, sinossi, giudizio
formulato dall'"Amico della Domenica" che ha segnalato il
romanzo). In questo post e nei prossimi riporterò man mano le
recensioni su alcuni dei libri candidati che ho avuto modo di
leggere.
***
«Fino
a quel momento, specie in queste valli di confine, la vita era
scandita dai ritmi delle stagioni. Sembrava che quassù la storia non
arrivasse. Era un'eco che si perdeva. La lingua era il tedesco, la
religione quella cristiana, il lavoro quello nei campi e nelle
stalle. [...] Mussolini ha fatto ribattezzare strade, ruscelli,
montagne ... sono andati a molestare anche i morti, quegli assassini,
cambiando le scritte sulle lapidi. Hanno italianizzato i nostri nomi,
sostituito le insegne dei negozi. Ci hanno proibito di indossare i
nostri vestiti».
Nel
romanzo "Resto qui" (Einaudi), candidato al Premio
Strega 2018, Marco Balzano narra una storia vera di violenza e
invasione, uno scontro, avvenuto all'inizio del ventennio fascista,
tra "la prepotenza del potere improvviso e chi rivendica
radici di secoli", nel momento in cui Mussolini iniziò a
occupare il Sudtirolo con un processo di forzata italianizzazione.
Tali
fatti storici, a loro volta, si intrecciano indissolubilmente con le
vicende intime e quotidiane di Curon, un piccolo paese del Trentino,
i cui abitanti, abituati alla tranquilla faticosità del loro lavoro
nei campi, con il bestiame da allevare e la terra da coltivare, si
sono sempre sentiti protetti dalle montagne intorno, in una
condizione di isolamento che li ha posti al riparo persino nel corso
del primo conflitto mondiale, illudendosi che non vi sarebbero più
state altre guerre. Ma con l'invasione fascista gli abitanti non
riescono a reagire ai soprusi di chi vorrebbe privarli della lingua e
del lavoro e pian piano finiscono per perdere la loro identità: «Ci
eravamo abituati a non essere più noi stessi. La nostra rabbia
cresceva, ma i giorni correvano veloci e il bisogno di sopravvivere
la trasformava in qualcosa di debole e sfibrato».
La
narrazione avviene in prima persona con una prosa che in alcuni punti
si avvicina al linguaggio parlato, ma che non perde di scorrevolezza
e precisione. La voce narrante è quella della protagonista Trina,
una donna sensibile e appassionata di libri, ma che nutre un profondo
timore per il futuro, al punto che a volte preferirebbe chiudersi
nella propria stanza, fermare il tempo e aspettare.
Trina
studia per diventare insegnante, nonostante l'invasione fascista
abbia riservato agli italiani tutti i posti all'interno delle scuole,
e, pur con il pericolo imminente di essere scoperta e imprigionata,
inizia a insegnare clandestinamente il tedesco ad alcuni bambini. Il
suo sguardo attento, rivolto alla drammatica situazione che si
profila all'orizzonte, restituisce al lettore riflessioni semplici,
ma significative, come quella sulle lingue, divenute 'marchi di
razza', trasformate dai dittatori in armi, dichiarazioni di
guerra, muri continuamente innalzati.
Suo
marito Erich è, invece, un uomo schivo e di poche parole, ma nello
stesso tempo deciso e combattivo, che, oltre a cercare di non farsi
sopraffare dalla prepotenza degli invasori, deve contrastare la
pervicace indifferenza dei suoi compaesani, che, chiusi nella loro
quotidianità, non riescono ad avvertire il pericolo imminente: «La
gente con un dito sulle labbra lascia ogni giorno che l'orrore
proceda. [...] L'uomo col cappello scosse le spalle e annuì con
convinzione. La conosceva bene la gente lui che tutta la vita girava
il mondo. Era uguale ovunque, assetata solo di tranquillità.
Contenta di non vedere».
Trina
e Erich rimangono uniti nel combattere contro coloro che vorrebbero
staccarli dalle proprie radici, cercando di difendere la terra in cui
sono nati e insieme affrontano ogni decisione o avversità, dal
rifiuto della proposta tedesca di trasferirsi nel Reich alla fuga
sulle montagne durante il conflitto, fino al progetto della
Montecatini di realizzare una diga per poter sfruttare la corrente
del fiume e produrre energia, un progetto che, tuttavia, comporta il
rischio che i paesi di Resia e Curon vengano sommersi dall'acqua.
Nel
corso di tali vicissitudini emerge un dolore, dapprima acuto e
lancinante poi sempre più sottile, che arriva da un distacco
improvviso e della cui presenza ci accorgiamo fin dalle prime righe.
Una figlia cui Trina si rivolge continuamente in seconda persona e
che all'improvviso scompare. Un tormento che viene descritto in tutte
le sue sfumature e i suoi contrasti, dalla speranza che diviene
sempre più labile alla rabbia di una madre convinta che ogni
sventura sia causata da quel distacco fino al desiderio di bruciare
tutti i pensieri e gli incubi che la perseguitano assieme a quel
quaderno dove per anni ha continuato a scrivere alla sua bambina. Un
dolore che si accompagna ossessivamente a tutte le vicende del
romanzo, divendendone quasi il nucleo essenziale.
"Resto
qui" è, dunque, un romanzo intenso e sincero, forte di una
scrittura limpida ed essenziale, che diventa sempre più solida con
lo scorrere delle pagine, efficace nel sottolineare la tensione
emotiva dei protagonisti, il dolore che li accompagna continuamente,
i timori e le angosce spazzati via dal coraggioso desiderio di andare
avanti. Un romanzo che affronta numerose e delicate tematiche,
partendo da un approfondimento storico serio e rigoroso, e da cui
emerge una ferma condanna verso coloro che, inseguendo esclusivamente
logiche di ricchezza e potere, hanno cercato di sovvertire l'identità
linguistica e culturale di una popolazione e, per i propri interessi
economici, hanno con violenza sradicato intere famiglie dai propri
territori.
Nessun commento:
Posta un commento