Continuano le mie recensioni su alcuni dei dodici libri candidati al
Premio Strega 2018, dopo i romanzi di Marco Balzano e Angela Nanetti.
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«Gli sembrava che
tutto procedesse come se un treno, dopo aver deragliato, continuasse
la sua corsa sul terreno. Infido, pericoloso, pieno di buche, ma pur
sempre terra ferma e in qualche modo rassicurante. La spinta umana a
rassegnarsi è davvero così forte? Quello che ieri era sembrato
insostenibile, oggi si riusciva a inghiottirlo quasi senza fatica».
"Questa
sera è già domani"
(Edizioni E/O) di Lia Levi – finalista al Premio Strega 2018,
nonché vincitore del Premio Strega Giovani - è un romanzo storico
ambientato durante il periodo fascista e incentrato sulle vicende dei
Rimon, una famiglia ebrea vittima delle persecuzioni antisemite e
delle leggi razziali.
La storia della famiglia Rimon
può ben paragonarsi alla corsa di un treno che inizia il suo viaggio
placidamente, pur se tra piccoli conflitti e incomprensioni, in una
città, Genova, apparentemente tranquilla, in cui il fascismo non
sembrava destare particolari preoccupazioni, dal momento che «faceva
parte di quasi tutte le loro vite, anche se magari in dosi
variabili». E la
famiglia sembra davvero procedere normalmente lungo il suo percorso
fino a quando all'improvviso non incontra un ostacolo, quella Storia
che si intromette nelle intime vicende personali e decide
diversamente rispetto ai progetti prestabiliti creando uno
sconvolgimento senza precedenti.
«La
normalità non sa di esserlo. Procede a tratti brevi, programmi
abituali, iniziative di piccolo passo, non sai nemmeno se ti
piacciono le cose che stai facendo».
Almeno fino a quando la normalità non subisce un profondo strattone
spostandosi su di un terreno più infido e scivoloso in cui la
risoluzione di ogni problema sembra essere sempre più lontana.
Il romanzo di Lia Levi presenta una struttura classica, con una
narrazione lineare e uno stile semplice e incisivo, che a tratti
mostra una poeticità struggente, specialmente nello svelare i
pensieri e le inquietudini del piccolo Alessandro, il protagonista
principale, quel bimbo prodigio che appare come una luce attorno a
cui si concentrano le attenzioni dell'intera famiglia, dei suoi
genitori Emilia e Marc, degli zii Osvaldo e Wanda, del nonno Luigi.
Alessandro mostra sin da subito un'intelligenza e una sensibilità
particolarmente spiccate, oltre che una precoce propensione alla
scrittura e alla lettura, al punto che, una volta iscritto alla
scuola elementare, si ritrova immediatamente a saltare da una classe
all'altra, avendo già acquisito le nozioni necessarie, fino a
giungere al ginnasio con due anni di anticipo.
È in quel momento che iniziano le sue prime difficoltà, quando
tenta di instaurare rapporti di amicizia con ragazzi più grandi, già
in età adolescenziale: il suo essere un bambino prodigio si rivela
più che altro uno svantaggio che lo pone in una condizione di
diversità, condizione legata anche alle sue origini ebraiche. E la
descrizione della sua sensazione di solitudine è semplice, ma
commovente: «Non c'era mai nessuno che avesse voglia di fargli
compagnia. A loro non vado bene, non dico le frasi che bisogna dire,
non so nemmeno quali sono queste frasi, se no magari fingerei. Scappo
sempre prima di essere respinto, una felice trovata, così vinco io.
Quella storia del troppo piccolo o troppo grande è una scusa,
cerchiamo di essere almeno sinceri con noi stessi. Forse essere ebreo
è questo. Tu li cerchi e fuggi, loro ti accettano e ti cacciano. Si
sentiva diverso, a disagio, non su faccende di anni o di scuole ma
dappertutto, in ogni angolo o punto di sé, anche nella maglietta del
Genova che prima di andare all'edicola aveva voluto indossare per
forza. Essere l'ebreo degli ebrei ... per questo, è vero, ci voleva
un po' più di fantasia».
Il romanzo si presenta, dunque, come una commistione tra le vicende
storiche e il mondo interiore di Alessandro, a partire da quel
rapporto conflittuale con i suoi genitori che in qualche modo lo
condiziona, soprattutto con sua madre Emilia che appare più
interessata all'apparenza che all'essenza delle cose e sembra
considerare le capacità di suo figlio come una specie di riscatto,
di ricompensa per qualcosa che le era stato negato, fino al punto di
accogliere quasi con rancore le prime incertezze scolastiche di
Alessandro.
Il padre Marc, invece, si pone al lato opposto, con la sua
tranquillità, che a volte viene scambiata per arrendevolezza di
fronte alla irrequietezza e alla testardaggine della moglie, e il suo
tentativo di trasmettere al figlio il desiderio di andare oltre le
apparenze e di scoprire le verità celate dietro le mistificazioni di
un regime dittatoriale.
La famiglia Rimon, pur tra tali conflitti, rimane unita
nell'affrontare la tremenda sensazione di sentirsi stranieri in
quella che veniva considerata fino a poco tempo prima la propria
patria, privati, ormai, di ogni diritto. Lia Levi riesce
magistralmente a far emergere tale sensazione di smarrimento, che si
accompagna all'iniziale rifiuto di accettare la realtà, alla paura
di affrontare il dolore e di scoprire l'orrore che si cela dietro
un'apparente tranquillità, all'incertezza di chi non sa se sia
meglio cogliere l'occasione e fuggire all'estero oppure rimanere
nella speranza che ogni minaccia si attenui. Con quella rassegnazione
che, secondo il giovane Alessandro, i suoi familiari sembrano ormai
provare, come quel treno, nella citazione iniziale, che continua la
sua corsa sul terreno infido e cerca di adattarsi.
Due episodi mi hanno colpito particolarmente riguardo a questo
rifiuto di affrontare la verità e il dolore. Anzitutto quando il
cognato Osvaldo corre a casa Rimon cercando di sminuire le
preoccupazioni circa gli accadimenti di quei giorni e i provvedimenti
contro gli ebrei, che continuavano a cadere "come quei
goccioloni radi ma già carichi che preludono alla tempesta":
«Be'
– si affannava Osvaldo – vuol dire che se qualcuno si trova a
casa tua, hai per lo meno diritto di sapere chi è e cosa fa. Ma
questo non significa essere ostili nei suoi confronti.»; «Marc
aveva simulato un silenzioso battito di mani e con quella sua voce, e
un sorriso a mezz'aria, aveva solo mormorato: "Bravo! Sei
proprio entrato in pieno nella loro mentalità"».
E poi quando i Rimon accolgono una coppia ebrea fuggita con i loro
due figli dall'Austria, ormai occupata dalla Germania nazista, e
Alessandro cerca di conoscere i dettagli della loro fuga parlando in
francese con la figlia maggiore, di nascosto dai loro padri che non
volevano che quel dolore venisse svelato troppo.
La religione è un altro tema importante su cui il racconto si
sofferma spesso, soprattutto nelle riflessioni di Alessandro, nonché
in vari episodi che coinvolgono la sua famiglia.
«Quando
poi compilerete il maledetto censimento, là dove c'è scritto
"religione", provate pure. Potrete scrivere agnostico,
libero pensatore, cultore di Bakunin o di Giove saturnino, per loro
la traduzione sarà la stessa di noi che recitiamo lo Shenà due
volte al giorno: razza ebraica».
Uno studente rabbino così si rivolge a Marc e Osvaldo con un tono
stranamente aggressivo, ma che serve a far capire loro che rinnegare
la religione e i suoi riti non garantirà loro la salvezza.
Ma che ruolo ha la religione per il giovane Alessandro? Fin da
piccolo non mostra una fede particolarmente profonda, ma, come gli
farà notare il rabbino che lo introdurrà ai riti ebraici, appare
comunque molto legato alla tradizione. Forse grazie anche alla nonna
materna, ormai morta da diversi anni, che sempre aveva cercato di
tener viva la memoria dei racconti della tradizione e che al nipote
aveva lasciato in eredità una catenina con la stella ebraica. E quel
legame con la tradizione sarà per Alessandro una fonte di contrasti
interiori, soprattutto quando, forte del suo sentimento antifascista,
cercherà di comprendere la dottrina comunista.
"Questa
sera è già domani"
è, dunque, un romanzo ricco di tensione emotiva, capace di suscitare
sensazioni forti pur nel suo stile sobrio e mai enfatico. Un libro
attuale da leggere per comprendere a quale livello di esasperazione
possa essere condotto un popolo a causa di folli discriminazioni e
persecuzioni.