martedì 9 maggio 2017

La nascita dell'Europa unita e i 60 anni dei Trattati di Roma: dal boom alla crisi

Lo scorso 25 marzo, in una Capitale blindata contro ogni possibile invasione di facinorosi manifestanti, si è celebrato il sessantesimo anniversario della stipula dei Trattati di Roma, ovvero i due fondamentali documenti che hanno sancito l'avvio del processo di convergenza europea, con l'istituzione di due Comunità: la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea per l'energia atomica (CEEA). Oggi 9 maggio, (altra data importante per il processo di unificazione, come si dirà più avanti) si celebra, invece, la Festa dell'Europa.
Tali festeggiamenti si svolgono in un clima di diffuso scetticismo nei confronti delle istituzioni europee, accusate di non ascoltare le istanze dei Paesi più deboli e di condannarli a una povertà sempre più ampia. Ma negli anni cinquanta, lo scenario che accolse l'avvio dell'unificazione europea era ben diverso.
L'idea alla base di tale progetto di convergenza ha origini lontane. Infatti, secondo alcuni storici, i primi elementi a fondamento di una comunione tra popoli potrebbero ricercarsi addirittura nell'Impero romano, da cui è scaturita un'omogeneità culturale, poi rinforzata dal Cristianesimo. Secoli dopo, Napoleone, dal suo esilio a Sant'Elena, espresse il suo desiderio di far diventare tutti i popoli europei un unico popolo, con una legislazione, una Corte di Cassazione e un sistema monetario comuni. Un desiderio di unificazione che, se realizzato a quei tempi, probabilmente ci avrebbe risparmiato molte guerre e milioni di vittime.


Tuttavia, l'evento che effettivamente portò alla nascita dell'Unione Europea fu, certamente, la Seconda Guerra Mondiale, le cui atrocità fecero comprendere chiaramente che dai nazionalismi non potevano che derivare continui conflitti. Si rendeva, quindi, necessaria una forma di cooperazione tra Paesi che superasse i confini nazionali, mettendo da parte il cosiddetto "mito dello Stato Nazione".
Le idee a fondamento di tale cooperazione furono trascritte nel Manifesto di Ventotene, preparato nel carcere di Santo Stefano, di fronte all'Isola di Ventotene, presso Latina, tra il 1941 e il 1944. Al documento lavorarono alcuni esponenti antifascisti, tra cui Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, che già durante il conflitto mondiale stavano, dunque, preparando le condizioni per una futura duratura pacificazione. L'obiettivo era creare un sistema basato sulla interdipendenza degli Stati, una federazione con un parlamento eletto a suffragio universale.
Occorre dire che, al termine del secondo conflitto mondiale, gli Stati iniziarono a mettere in atto una serie di politiche economiche che stimolassero consumi e investimenti (investimenti statali, nazionalizzazione di attività economiche private, pianificazioni, stanziamenti per servizi sociali). Infatti, le potenze mondiali, dopo il disastro bellico, avevano finalmente realizzato che la loro evoluzione era raggiungibile non con azioni belliche, ma tramite l'ottimizzazione delle risorse e dei mezzi a loro disposizione nei vari settori. Tali politiche portarono al boom economico negli anni Cinquanta, con Germania e Francia che in pochi anni divennero le più importanti potenze europee.
Gli Stati europei avevano, poi, compreso la necessità di rafforzarsi e unirsi per presentarsi compatti sullo scenario internazionale e poter competere con le potenze statunitensi e sovietiche.
Nel settembre 1946 l'ex primo ministro inglese Winston Churchill propose, in un celebre discorso, la nascita degli "Stati Uniti d'Europa". Fu quello un primo passo decisivo cui seguì due anni dopo un congresso all'Aja (Olanda) organizzato per discutere di una futura unione economico – politica. Il processo avviato all'Aja portò il 5 maggio 1949 alla firma dei Trattati di Londra, con cui si diede vita al Consiglio d'Europa, un'organizzazione che contribuì alla promozione dei diritti umani ed elaborò, nel 1950, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
Successiva data fondamentale è il 9 maggio 1950 (attualmente giorno della "festa dell'Europa, come sopra ricordato), in cui il Ministro degli Esteri francese Robert Schumann propose di creare una comunità internazionale i cui membri avrebbero dovuto mettere in comune le loro produzioni di carbone e acciaio. Tutto questo al fine di evitare una corsa individuale agli armamenti da parte degli Stati membri stessi e di favorire l'economia continentale. Dunque, il 18 aprile 1951, a Parigi, Germania Ovest, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo firmarono un trattato per la gestione comune delle proprie industrie di carbone e acciaio, mentre l'anno successivo nacque la CECA (Comunità europea del carbone e dell'acciaio).
Le riserve francesi nei confronti della Germania in tema di riarmo fecero, invece, naufragare l'idea di una Comunità europea di difesa.
Infine, si arrivò ad un'altra data fondamentale, il 25 marzo 1957, con la firma dei Trattati di Roma e la nascita dell'EURATOM (Comunità europea dell'energia atomica) e della CEE (Comunità economia europea).


In particolare, la CEE si poneva l'obiettivo di promuovere una crescita stabile e duratura dei Paesi partecipanti mediante la creazione di uno spazio comune di scambi. Da un lato, la Comunità, basata sostanzialmente su un'unione doganale, non aveva alcuna politica di difesa ed estera comune, per cui non si poteva parlare di una vera e propria federazione. Tuttavia, dall'altro lato, la progressiva liberalizzazione degli scambi costituì un fattore di sviluppo per gli Stati membri. Venne, infatti, costituito il Mercato europeo comune (MEC) in cui persone, servizi, merci e capitali potevano liberamente circolare. Nel 1992, il Trattato di Maastricht istituì l'Unione europea ponendo le basi per la successiva Unione monetaria.
L'unificazione europea è stato un importante fattore che ha contribuito a creare un clima di pace in Europa, considerato che attualmente si potrebbe considerare impensabile una guerra tra Stati membri. Nel 2012 venne, per tale motivazione, conferito all'Unione europea il Premio Nobel per la Pace. Altri successi sono da individuare nella maggior sicurezza sulla tracciabilità dei prodotti e negli investimenti per l'educazione.
Tuttavia, la Brexit, gli euroscetticismi e i nazionalismi, pur all'indomani delle elezioni francesi e della sconfitta di Marine Le Pen, inducono a riflettere sull'attuale sistema e sulla necessità di un cambiamento. Luca Zingales, in un interessante articolo pubblicato sul Sole 24 ore del 23 marzo 2017 (Salviamo la Ue dagli «europeisti») sottolinea proprio questo: "I veri nemici dell’Europa non sono i movimenti populisti, ma i cosiddetti europeisti che occupano le stanze del potere europeo. Sono loro che non riconoscono quello che gli stessi padri fondatori dell’euro hanno ammesso: che la moneta unica è stata concepita senza le istituzioni necessarie per farla funzionare. Quasi vent’anni dopo (e dopo una profondissima crisi) queste istituzioni non sono state create. Nel vuoto istituzionale, la Bce – creata col solo scopo di contenere l’inflazione – è diventata un’istituzione politica senza mandato, che può sostenere o far cadere i governi nazionali grazie a decisioni tecniche, poco comprensibili ai più.
Lungi dall’essere irrazionale, la rabbia populista è alimentata da un profondo scontento e da un pesante deficit democratico in Europa, che impedisce a questo consenso di esprimersi nelle forme tradizionali. Per salvare l’ideale di un continente dove popoli diversi possano vivere in pace e prosperità, bisogna cambiare questa Europa, ma come?
Nel 1787 fu evidente che il sistema di governo stabilito dallo Statuto della Confederazione era inadatto a governare la giovane nazione americana. Per questo in quell’anno fu convocata a Filadelfia un’assemblea costituente.
Da quell’assemblea nacque la costituzione americana ancora oggi in vigore. È quello di cui ha bisogno oggi l’Europa: un’assemblea costituente eletta a suffragio universale.
Non solo il gradualismo non ha funzionato, è stato controproducente. Per questo bisogna avere il coraggio di superare i miopi interessi nazionali e provare a disegnare insieme una nuova costituzione, scelta dal popolo e non da tecnocrati illuminati. L’operazione non è senza rischi, ma il rischio maggiore è lo status quo".
In altre parole, la nostra Europa, per funzionare davvero, non ha bisogno solo di una moneta unica e di un comune spazio di scambi, ma anche di una politica comune basata su regole costituzionali condivise. Per realizzare quella federazione che i padri costituenti avrebbero voluto.


(Nota bibliografica: Giorgio Gaia "Introduzione al diritto comunitario"; "Compendio di Storia – Edizioni Simone"; Focus Storia n. 126/2017)

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