domenica 20 marzo 2016

Chissà dove sta la felicità

Ho appena scoperto che oggi, 20 marzo, si è celebrata la Giornata internazionale della Felicità. Tale celebrazione è stata istituita dall'ONU nel 2012 (si tratta, quindi, di una "festa" abbastanza recente) tramite una risoluzione in cui l'Assemblea generale ha invitato "tutti gli stati membri, le organizzazioni del sistema delle Nazioni Unite, e altri organismi internazionali e regionali, così come la società civile, incluse le organizzazioni non governative e i singoli individui, a celebrare la ricorrenza della Giornata Internazionale della Felicità in maniera appropriata, anche attraverso attività educative di crescita della consapevolezza pubblica".
Mi incuriosisce molto l'idea di celebrare la Giornata della Felicità tramite attività educative che accrescano la "consapevolezza pubblica"... il problema è che non mi è chiaro di cosa bisognerebbe acquisire consapevolezza.
Qualche giornalista ha sintetizzato la risoluzione ONU in questi termini: "tutti gli esseri umani del pianeta hanno diritto a essere felici". Quindi, bisognerebbe imparare ad acquisire consapevolezza di questo diritto e cercare di essere felici giorno dopo giorno. Ovviamente, è molto facile a dirsi, ma nella pratica qualche piccolo ostacolo si presenta quasi quotidianamente, tra beghe lavorative, incidenti e contrattempi che tolgono la serenità e a volte anche il sonno.
Forse bisognerebbe imparare dai filosofi: da Platone agli stoici, il saggio viene descritto come colui che, di fronte alle vicende della vita, rimane imperturbabile perché agisce secondo verità e giustizia ed è in grado di raggiungere quella dimensione che lo pone al riparo dagli accidenti, quella che si può considerare la vera felicità. Da questa figura deriva il detto "prenderla con filosofia", usato, tuttavia, spesso in maniera ironica, considerato che questa figura del saggio stoico e imperturbabile appare quasi una caricatura.
Dopo qualche secolo è arrivato anche Jeremy Bentham che nelle sue opere parla spesso di felicità al centro della morale e della politica: secondo Bentham, bisogna creare tutta la felicità che si è in grado di creare, eliminare tutta la felicità che si è in grado di eliminare, aggiungere qualcosa ai piaceri altrui, diminuire qualcosa delle loro sofferenze perché "per ogni granello di gioia che seminerai nel petto di un altro, tu troverai un raccolto nel tuo petto". Un forte invito alla generosità che, forse, oggi qualcuno farebbe bene ad ascoltare anche solo in minima parte.
Tuttavia, quanto siamo davvero felici nel nostro Bel Paese?
L'ONU, puntualissimo, ha presentato pochi giorni fa il suo Rapporto mondiale sulla Felicità 2016 che classifica 156 paesi in base al loro livello di felicità. Nella presentazione si legge che la diffusa attenzione verso tale Rapporto testimonierebbe il "crescente interesse a livello globale ad utilizzare la felicità ed il benessere soggettivo come indicatori primari della qualità dello sviluppo umano". Sicuramente, vi è l'intenzione, già da molto tempo, di accantonare l'ormai superato Prodotto Interno Lordo.
Lo studio ha analizzato la situazione dei 156 paesi considerati utilizzando sei variabili: prodotto interno lordo (PIL) pro capite, servizi sociali, aspettativa di vita sana, libertà sociale, generosità e corruzione percepita. Il punteggio totale di ciascuna nazione è stato confrontato con quello di Dystopia, l'ipotetica nazione che annovera tutti gli scenari peggiori. Al primo posto si è posizionata la Danimarca, seguita da Svizzera, Islanda, Norvegia, Finlandia, Canada, Olanda, Nuova Zelanda, Australia e Svezia, ovvero le stesse nazioni più felici nel Rapporto dello scorso anno. L'Italia è 50esima, come nel 2015, ma è tra i 10 paesi con il peggior calo della felicità percepita nel periodo considerato. Poi, vi sono i Paesi che si trovano in una situazione peggiore: il Burundi, sull'orlo della guerra civile, preceduto da Siria, Togo, Afghanistan, Benin, Ruanda, Guinea e Liberia.
Come mai l'Italia è così poco felice? Nel rapporto è stata posta molta attenzione all'iniqua distribuzione del benessere all'interno di un Paese e sicuramente la situazione italiana, con le sue numerose caste privilegiate, non favorisce molto la scalata della classifica. Se poi aggiungiamo che uno dei parametri utilizzati è il grado di corruzione percepita, il risultato, alla luce degli ultimi eventi (mafia capitale in primis), non può stupire affatto.
Chiuderei con una bella vignetta di Charlie Brown e la sua saggia amica Patty che forse ci indica davvero cosa sia la felicità!


martedì 15 marzo 2016

I bambini ci guardano

Come ho avuto modo di dire qualche post fa, l'omofobia peggiore è quella strisciante dei finti perbenisti che avanzano imperterriti nel loro devastante e distorto intento moralizzatore, senza aver alcun riguardo dei sentimenti delle persone vere.
L'ormai famigerato Mario Adinolfi, a quanto pare, ha fondato un nuovo partito, il "Popolo delle famiglie" e a suo favore si è ovviamente schierato Padre Livio che ai microfoni di Radio Maria ha intessuto un lungo panegirico non privo di esaltazione e fanatismo. In disparte le solite violente frasi omofobiche, l'affermazione che sicuramente non può passare inosservata è quella secondo cui questo nuovo partito impedirà che le maestre spieghino ai bambini come ci si masturba. Ovviamente, il riferimento è alla "teoria del gender" nelle scuole che è diventata da un po' di tempo uno spauracchio generale.
Sinceramente, credo che queste affermazioni dimostrino soltanto una colossale ignoranza, oltre alla solita strumentalizzazione dei bambini, divenuti l'ostaggio principale di questa moralizzazione. Di sicuro, le maestre non devono insegnare ai bambini pratiche autoerotiche!!! Come affermato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (le cui posizioni sono state spesso interpretate in maniera distorta), è necessario sensibilizzare i bambini ai temi della sessualità nel rispetto delle varie fasi di maturazione e adottando il loro punto di vista, partendo dal presupposto che i fanciulli non possono essere rinchiusi nella classica campana di vetro per poi ritrovarsi immaturi e spaventati alle prese con le prime naturalissime esperienze (inclusa quella di scoprirsi omosessuali). Difficilmente, la società potrà evolversi e accettare questi argomenti se personaggi pubblici che devono dare il buon esempio lanciano messaggi così negativi.
A quanto pare, comunque, l'Italia è in buona compagnia. A Taiwan, sicuramente tra i Paesi più evoluti in Asia orientale in materia di diritti LGBT, c'è stata una recente polemica su una pubblicità in cui un ragazzo decide di confessare la propria omosessualità al padre in un McCafè, scrivendo su uno dei bicchieri del fast-food quali siano le sue reali preferenze sessuali. Il padre, inizialmente sconvolto, sembra allontanarsi, ma poi si riavvicina al figlio e scrive su quello stesso bicchiere che a lui sta bene che il ragazzo sia gay. Questo messaggio, che ha emozionato migliaia di persone, ha fatto anche molto innervosire le associazioni familiari di Taiwan, che hanno chiesto di boicottare la famosa catena di ristoranti, affermando che il Mcdonald è frequentato da bambini ed è particolarmente importante non promuovere comportamenti omosessuali. Per l'associazione quella pubblicità potrebbe inquinare le nuove generazioni, per cui andrebbe fermata.
Ovviamente, quello che colpisce maggiormente, a parte la somiglianza con certe posizioni italiane, è l'intento di preservare i bambini da un pericolo inesistente, come se l'omosessualità sia una malattia contagiosa o un cattivo esempio da non imitare. Fortunatamente, il messaggio positivo ha superato la censura, considerato che su Youtube il video conta oltre un milione e mezzo di visualizzazioni.


giovedì 10 marzo 2016

Alla ricerca di piccole gocce di umanità

Episodi atroci di efferata violenza, da ultimo il delitto di Roma, non possono certamente lasciare indifferenti. Procurano sempre quel sentimento di orrore e disgusto non solo per la ferocia e la spietatezza di certi esseri che di umano mostrano poco, ma anche per quegli pseudo opinionisti che cavalcano l'onda delle notizie, scavano nella vita privata delle persone coinvolte e traggono le loro conclusioni banali e offensive.
In questi momenti la mia fiducia verso il genere umano vacilla pericolosamente e sento di aver bisogno di un po' di conforto, di sentire che in giro ci sono ancora piccole gocce di umanità. Per fortuna la mia attenzione si concentra su una notizia a prima vista un po' triste.
In un ristorante di Manchester, un giovane cameriere di nome Andy svolge il suo lavoro con impegno e professionalità da circa tre settimane ed è certamente benvoluto dal proprietario Mike. Tuttavia, alcuni clienti non vogliono essere serviti da lui. Il motivo è presto detto: il giovane e volenteroso Andy è purtroppo affetto da una forma di autismo. Nonostante l'impegno del ragazzo, i clienti non vogliono sentir ragione e addirittura invitano il giovane a segnalare la sua malattia con una maglietta, oltre a chiedere scandalizzati al proprietario perché lo faccia lavorare!
Le parole a volte feriscono molto più delle coltellate e sicuramente le discriminazioni non aiutano Andy che cerca solo di inserirsi nella società e superare gli ostacoli che la sua malattia gli pone continuamente davanti. Tra questi ostacoli vi è sicuramente l'ignoranza di alcune persone, il loro finto perbenismo: certamente, dovrebbero essere loro a portare una maglietta che evidenzi il loro problema, ovvero una grave forma di idiozia.
Fortunatamente, Andy tra i tanti ostacoli è riuscito a trovare un bravo datore di lavoro. Mike nella sua pagina Facebook con poche e incisive frasi ha chiesto a tutti i clienti del suo ristorante che credono di non dover farsi servire da Andy di non prenotare nel suo locale.
Mike e la sua compagna Karen hanno affermato che tutto quello che interessa loro è avere qualcuno con entusiasmo e passione, cui insegnare poi tutto ciò che serve.
Un esempio meraviglioso di umanità e rispetto, contro ogni forma di discriminazione e di assurda paura del "diverso".


martedì 8 marzo 2016

Sogni di una giornata particolare

Oggi, com'è ben noto, si festeggia la "giornata internazionale della donna", che non solo ricorda le conquiste in vari campi realizzate dalle donne, ma anche le violenze e discriminazioni da esse subite ancor oggi. Si tratta, quindi, di una festa tutt'altro che simbolica.
Sicuramente, i social in questo giorno si scateneranno con centinaia di post per celebrare l'evento. Io dal mio piccolo vorrei soltanto esprimere il mio desiderio, che forse qualcuno potrebbe considerare scontato, ovvero che un giorno questa festa diventi realmente solo un simbolo, il ricordo di ciò che si è riusciti a conquistare. Un giorno in cui finalmente tutti saremo giudicati per le nostre capacità e peculiarità a prescindere dal nostro sesso (e magari anche dal nostro orientamento sessuale), senza più ricorrere ad arzigogolati studi scientifici che debbano forzatamente dimostrare, in base ai parametri più disparati, quale genere sia più intelligente, versatile o altro. Magari quel giorno certi uomini eterosessuali (i cosiddetti "veri uomini") avranno capito che:
  • se si da inizio ad una relazione con una persona, questo non significa aver stipulato un contratto di compravendita (o di dominio) con licenza di persecuzione in caso di recesso;
  • se una donna indossa un'abito che non sia una veste monacale non significa che vuole fare sesso con chiunque capita;
  • se una ragazza dimostra l'età dei propri figli forse non è il caso di andarci a letto.
Forse, chissà, quel giorno non sentiremo più parlare di Family Day, perchè ognuno amerà la propria famiglia senza pensare a quelle altrui in preda a scrupoli di coscienza.... desideri irrealizzabili? Utopia?? Sognare non costa nulla!!!

Auguri a tutte le donne, specialmente alla mia mamma che compie gli anni!!!

venerdì 4 marzo 2016

Ritornare a far parte della vita: la storia di Ian Thorpe

In questi giorni di continue polemiche e notizie drammatiche, leggere il post di Ian Thorpe appena pubblicato sull'"Huffington Post" è stato davvero confortante. Ian è un grande campione australiano di nuoto, vincitore di ben 27 medaglie d'oro e dominatore delle olimpiadi di Sidney nel 2000, ma è soprattutto una persona di straordinaria umanità.
Soffre fin dall'adolescenza di una sindrome depressiva, cui si sono aggiunti successivamente alcuni problemi di alcolismo, e continua ancora adesso a lottare contro questo male oscuro e insidioso, ma, come afferma lui stesso, ha deciso di non permettere più di esserne influenzato. La depressione è un male spesso invisibile agli altri che non sempre riescono a capire che cosa realmente si provi nelle lotte quotidiane. Questa incomprensione è ancora più accentuata nel suo caso, un atleta di talento che poteva avere tutto il mondo nelle sue mani, mentre dietro un'apparenza di felicità si nascondeva un inferno. Da qui il senso di colpa di chi dovrebbe sentirsi fortunato rispetto ad altri che non hanno avuto le stesse possibilità, un senso di colpa che aggrava ancor di più la depressione in un circolo vizioso.


Il campione, nel suo toccante articolo, parla dei traguardi raggiunti e del suo impegno per raggiungerne altri e della necessità di reagire, forgiando la propria realtà: "Possiamo anche trovarci nella morsa della nostra depressione ma abbiamo sempre la possibilità di controllarla in qualche modo. Se dimostri accondiscendenza verso la tua malattia e la accetti, allora cadrai nella trappola della depressione e dell'atteggiamento che la depressione ti obbliga ad assumere.
Il suo è un messaggio di speranza, per cui è possibile ritornare a vivere in mezzo agli altri rompendo quell'isolamento cui la depressione spesso conduce: "C'è bisogno di tornare a far parte di questo mondo, a tutti è concessa la possibilità di ricostruire la propria resilienza nei confronti dei propri tormenti. È possibile ritrovare il senso di se stessi e sentirsi nuovamente parte di questa vita. Oggi, sono in grado di apprezzare la vita, non solo dimostro riconoscenza ma cerco anche di viverla al meglio. Mi sento tremendamente felice e voglio ricordare agli altri che vale la pena perseguire la felicità. Non do per scontato nessuna delle possibilità che la vita mi ha regalato".
Sicuramente, un evento che gli ha consentito di iniziare a rompere questo muro è stato il suo coming out nel 2014: rivelare la propria omosessualità gli ha permesso di spazzare via tutte le bugie che aveva costruito negli anni per paura di ledere quell'immagine di atleta bello, forte e imbattibile che tutti avevano di lui, smettendo finalmente di negare la propria natura.
Le parole di Ian Thorpe, cui auguro di raggiungere tutti i traguardi che si è prefissato, sono ovviamente uno stimolo per tutti, non solo per coloro che soffrono di depressione, a non abbattersi e a vivere pienamente la propria vita.

mercoledì 2 marzo 2016

Premi Oscar e orgoglio italiano

Domenica scorsa si è tenuta l'88esima edizione dei Premi Oscar, una cerimonia molto attesa non solo dagli amanti del cinema. Indubbiamente, tra gli eventi "memorabili" è doveroso citare la tanto agognata vittoria di Leonardo Di Caprio come migliore attore protagonista per il film "The Revenant".  La premiazione arriva dopo numerose candidature, anzi fin dai tempi di Titanic (1997) si faceva il suo nome per la vittoria dell'ambita statuetta (in quell'anno, in realtà, non fu nemmeno candidato). I social, prima e dopo la cerimonia, si sono ovviamente scatenati con battute cattive e video che riprendevano le facce deluse del bel Leo giunto sempre ad un passo dal tanto sognato traguardo. Qualcuno ha anche malignato sul fatto che il premio sia stato consegnato il 29 febbraio e che quindi potrà festeggiare l'evento solo ogni quattro anni, ma mi risulta che in America fosse ancora 28 quando la premiazione è avvenuta....ma potrei sbagliarmi!
In ogni caso, la premiazione di Leo mi interessa relativamente. Ciò che conta davvero è che sia stato premiato un grande artista italiano, il Maestro Ennio Morricone per la colonna sonora di "The Hateful Eight" di Quentin Tarantino.
Non mi ritengo un grande esperto di cinema, ma sicuramente amo molto la musica, soprattutto quando riesce a trasmettere forti emozioni. Morricone, romano di nascita, ha scritto famosissime colonne sonore di grandi film, veri capolavori, tra cui  una delle mie preferite è senza dubbio  quella del film "The Mission", ovvero la storia del missionario gesuita Gabriel che grazie alla musica del suo oboe riesce a stringere amicizia con una tribù di Indios. Ascoltandola non posso fare a meno di commuovermi con il suono così dolce dell'oboe.


Secondo Morricone, (opinione questa condivisa da alcuni critici e fan), la musica per cui è stato premiato non è la migliore tra le sue opere. D'altronde, alcuni capolavori sono irripetibili e un artista non può certo eguagliarsi in continuazione nel corso della sua carriera, ma l'Oscar è comunque un giusto riconoscimento per le grandi emozioni che ci ha sempre dato, riconoscimento che sarebbe dovuto arrivare molto prima per tante altre opere.
In occasione della cerimonia di assegnazione della sua stella nella Hollywood Walk of Fame (altro grande onore), il Maestro ha affermato che le colonne sonore devono piacere soprattutto a lui : "Io devo essere contento prima del regista. Non posso tradire la mia musica ". Commovente anche la dedica alla moglie Maria.
Ecco un'altra meraviglia da "C'era una volta il West", con la splendida voce di Dulce Pontes.