sabato 24 febbraio 2018

Il libro del mese – “Le coccinelle non hanno paura” di Stefano Corbetta

E sai perché non hanno paura? Perché sono belle, bellissime. E sanno di esserlo. Nessuno ucciderebbe una coccinella”. Teo – il protagonista del bellissimo romanzo di esordio di Stefano Corbetta “Le coccinelle non hanno paura” (Editore Morellini) - non può fare a meno di condividere queste parole, pronunciate da un ragazzino appassionato come lui di fotografia, incontrato casualmente in un parco. E l'idea che la coccinella, grazie alla sua bellezza, possa salvarsi dalla mano minacciosa di chiunque, mi riporta a uno dei temi fondamentali che ho colto in questo romanzo, ovvero che solo sviluppando una propria forza, una propria ricchezza interiore si può andare avanti inseguendo determinati obiettivi e cercando di sconfiggere ogni timore, soprattutto la paura della morte, nella ricerca dell'eternità.
Teo ha una grande passione per la fotografia, sviluppata sin da quando era piccolo e andava in giro osservando e riprendendo ogni angolo della casa da differenti visuali. Questa passione nasconde un segreto, una capacità particolare che rimane per lungo tempo celata agli altri, ovvero la possibilità per Teo di catturare immagini con gli occhi, di inquadrare una scena e immortalarla con il semplice movimento di una palpebra, per poi conservarla, perfettamente intatta, nella propria memoria sensoriale, che si trasforma in un immenso archivio.


È un dono che per Teo si rivela ben presto molto simile a una maledizione, che lo porta a vedere “la muta condanna di tutte le cose”, l'evoluzione successiva, sino alla morte, di qualsiasi essere vivente lui riprenda. E ciò lo spinge a non fotografare mai persone o animali, ma soltanto elementi inanimati e paesaggi.
Teo ha scoperto da poche settimane di avere un tumore al cervello: l'assenza di sintomi ha portato ad un accertamento tardivo, per cui il cancro si è talmente diffuso da non essere più operabile. E a quel punto decide che vi può essere un solo modo per affrontare il poco tempo che gli è rimasto da vivere, ovvero “trattare la faccenda nello stesso modo in cui scatta fotografie: osserva la luce, fa clic e non pensa a nient'altro che non sia la foto successiva”. In questo, dimostra, quindi, una ostinata determinazione nel volere procedere linearmente lungo una traiettoria che non ammette deviazioni, come se stesse giocando una partita a scacchi in cui le strategie si susseguono regolarmente senza discutere, allontanando da sé ogni forma di compatimento.
In questo suo percorso gli unici che possono stargli vicino e assecondare la sua volontà sono i suoi migliori amici, Luca ed Elena, che si conosciuti e innamorati proprio grazie a lui e adesso aspettano un figlio. Soltanto loro sono a conoscenza del reale stato di salute di Teo, ma non riescono ad arrendersi all'idea che il loro amico a breve dovrà abbandonarli.
Eppure qualsiasi strategia, qualunque traiettoria non può non conoscere una deviazione improvvisa che distoglie l'attenzione dal percorso già delineato. E questa deviazione è rappresentata da una persona che Teo non ha mai conosciuto e che non potrà più conoscere, la zia di Elena, Grazia, che, durante il viaggio intrapreso per raggiungere la nipote, viene coinvolta in un incidente mortale. Un evento luttuoso che sconvolge la vita di Teo che “si chiede cosa stia facendo lì a svuotare la casa di una donna che non ha mai conosciuto, tra il pieno e il vuoto di quelle mura a fare lo stesso lavoro che un giorno qualcun altro farà a casa sua”.
A questo punto, il racconto diviene un gioco a incastro, in cui si compongono differenti destini e le vite presenti e passate finiscono per intersecarsi le une con le altre, mentre Teo si sforza di trovare un filo conduttore. Elemento scatenante di questa ricerca è una vecchia fotografia in bianco e nero che ritrae Grazia assieme a un uomo misterioso, una foto contenuta in una cartellina, intestata a un certo Signor P., con alcuni fogli dattiloscritti che Teo ritrova tra le cose di Grazia temporaneamente depositate a casa sua.


L'autore, partendo da questo elemento, ha costruito un solido intreccio narrativo, basato su una scrittura nel complesso immediata e lineare, ma che riserva diverse pagine dense di una poeticità a tratti malinconica, senza mai essere banale o scadere nel patetico, capace di suscitare immagini che si fissano nella mente nitide come fotografie. Corbetta indaga a fondo le sensazioni di Teo nel suo percorso che costituisce l'ultima fase di un'esistenza che non ha fatto in tempo a godere pienamente, in cui cerca di procedere senza sbandare, fuggendo sempre un attimo prima dalla tentazione di cedere alla disperazione e di lasciarsi andare al suicidio.
Nell'intreccio all'improvviso si materializza Arianna, una giovane psicologa temporaneamente impiegata in un negozio in cui Teo si ritrova ad acquistare cinque t-shirt nere, e a cui il romanzo riserva uno spazio speciale, con pagine narrate in prima persona, quasi un diario. Si rivedono pochi giorni dopo l'acquisto, quando Arianna gli restituisce la cartellina del misterioso Signor P. che lui aveva distrattamente dimenticato sul bancone. È, quindi, il caso, o il destino, a farli incontrare di nuovo. E Teo non può evitare di essere conquistato da lei, dalla sua semplicità, dal suo entusiasmo, dalla capacità di percepire i mondi che si celano dietro le parole e di dire sempre qualcosa in grado di destare sorpresa.
La storia tra i due inizia pian piano a farsi strada, delicatamente, tra scambi di vedute sull'arte della fotografia e ricordi lontani di foto in bianco e nero, tra sorrisi e rimpianti. E Teo, inizialmente timoroso di legarsi a lei per il troppo poco tempo che le potrebbe dare, vince le sue resistenze, allarga l'orizzonte della sua consapevolezza e comprende che non può buttar via gli ultimi istanti della sua esistenza. È la malattia a fargli vedere, a un certo punto, le cose con occhi diversi, ma anche l'incontro con il Signor P., ovvero Primo Guerrieri, della cui storia, trascritta in quei fogli, inizia ad appassionarsi, coinvolgendo anche Arianna: il viaggio intrapreso anni prima in un santuario toscano, l'incontro con Grazia, il mistero attorno al diario di un bambino coinvolto nei bombardamenti tedeschi, al termine del secondo conflitto mondiale, presso la Linea Gotica, che tanto sconvolge Primo. Storie racchiuse le une nelle altre come scatole cinesi.
Il Signor P. era stato vinto dagli eventi e dalla propria mente. Teo si sente così simile a quell'uomo da pensare che in fondo anche la sua vita finirà così, senza capirci niente e senza poter reagire, sospeso tra il mondo reale e un soffocato desiderio di rivalsa”. E Teo, reagendo a questo pensiero, quasi per chiudere il cerchio in cui si muovono tutte queste storie, pur nella consapevolezza che la sua forza fisica è ormai esaurita per il repentino progredire della malattia, di quella maligna massa tumorale che si estende sempre di più, non si arrende e va alla ricerca del Signor P.
Dopo aver terminato il romanzo, non posso fare a meno di pensare a quello che mi ha lasciato Teo, uno di quei personaggi di cui si sente la mancanza dopo aver chiuso il libro: il suo desiderio di fuggire da quelle immagini di muta condanna, la sua voglia di eternità, che insegue fotografando il cielo e lasciando in un foglio scritto parole destinate ai suoi cari, e quella sottile speranza, rappresentata da una coccinella che si muove lenta sulla superficie di un finestrino.



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