Si
torna anche quest’anno a parlare del Premio Strega, uno dei premi
letterari più discussi e amati, con l'inevitabile susseguirsi di
polemiche e dibattiti, complici anche i numerosi interessi in gioco.
Il
regolamento introdotto l’anno scorso è stato confermato anche
quest’anno, per cui gli Amici della Domenica hanno avuto la
possibilità di trasmettere le loro segnalazioni, corredate da un
breve giudizio critico, da lunedì 4 febbraio a giovedì 7 marzo. I
romanzi segnalati sono stati 57, un numero addirittura più elevato
di quello dell’anno scorso (41), a dimostrazione che la formula
adottata dalla Fondazione Bellonci continua a riscuotere un grande
apprezzamento.
Il
Comitato direttivo ha avuto il compito di scegliere i 12 candidati
che si contenderanno il Premio finale. La prima votazione, per la
selezione della cinquina dei finalisti, avrà luogo il 12 giugno nel
Tempio di Adriano – Camera di Commercio di Roma. Infine, la
votazione per l’elezione del vincitore si svolgerà il 4 luglio al
Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
Di
seguito, ho predisposto brevi schede dedicate ai singoli candidati,
con alcuni cenni biografici, le sinossi dei romanzi (tratte dai siti
di acquisto online) e il giudizio critico che ha accompagnato la
segnalazione preliminare.
1.
Valerio Aiolli - Nero ananas (Voland)
Valerio
Aiolli è nato nel 1961 a Firenze, dove vive. Ha esordito nel 1995
con la raccolta di racconti Male ai piedi (Franco Cesati Editore).
Con Edizioni E/O ha pubblicato: Io
e mio fratello
(1999), suo primo romanzo, Luce
profuga
(2001), A
rotta di collo
(2002), Fuori
tempo
(2004); nel 2007 esce Ali
di sabbia (Alet,
2007) e nel 2014 Il
sonnambulo (Gaffi).
“Nero
ananas” (Voland) è un romanzo ambientato nei primi “anni di
piombo”: «Tutto
comincia un secondo dopo il botto. Il botto che ha cambiato l’Italia,
che ha chiuso l’età dell’innocenza e aperto la strategia della
tensione. Il botto del 12 dicembre 1969, Piazza Fontana. Gli
estremisti di destra, invisibili, si incontrano, commentano,
ricordano, tramano, pianificano. Un anarchico si trascina di città
in città, di nazione in nazione, di sconfitta in sconfitta, in
attesa del momento del riscatto. Un politico, cosi devoto da essere
soprannominato il Pio, comincia la sua lenta ma inesorabile scalata
al potere. E poi ci sono i servizi segreti, italiani e americani, che
provano a capire, sapere, influenzare. C’è un ragazzino, in una
famiglia come tante, in una Firenze non da cartolina, che quel giorno
ha visto sparire sua sorella e farà di tutto per riuscire a
ritrovarla. Quattro anni di destini intrecciati, di fughe, ritorni,
di amore e di odio. Quattro anni incandescenti della storia d’Italia,
dal 1969 al 1973, raccontati con precisione e sorprendente capacità
evocativa».
Il
romanzo è stato proposto da Luca Formenton che afferma: «Nero
Ananas di Valerio Aiolli ricostruisce gli eventi drammatici che hanno
segnato la storia d’Italia nei cinque anni che vanno dalla strage
di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 alla strage della Questura di
Milano del 17 maggio 1973. Verosimiglianza e realtà si confondono in
quest’opera, che ha il merito di essere riuscita in un’impresa
senza dubbio difficile: restituire quel periodo della nostra
coscienza culturale e storica senza cedere alla pura mediazione della
cronaca, ma mettendo in scena una narrazione corale, universale – a
volte intimamente vertiginosa –, e capace di raccogliere in queste
pagine una moltitudine policroma di voci, spesso antagoniste tra
loro».
2.
Paola Cereda - Quella metà di noi (Perrone)
Paola
Cereda è nata in Brianza, è psicologa e appassionata di teatro.
Dopo un lungo periodo come assistente alla regia, ha girato il mondo
fino ad approdare in Argentina, dove si è avvicinata al teatro
comunitario. Vive a Torino e si occupa di progetti artistici e
culturali nel sociale. Ha vinto numerosi concorsi letterari, è stata
finalista al Premio Calvino 2009 con il romanzo Della
vita di Alfredo
(Bellavite). Piemme nel 2014 ha pubblicato Se
chiedi al vento di restare.
“Quella
metà di noi” (Perrone) è la storia di Matilde Mezzalama: «Alle
volte ci si ritrova nel mezzo: di due case, di più lingue. Nel mezzo
di più vite, di decisioni ancora da prendere, di bisogni
contrastanti. È qui che sta Matilde, maestra in pensione che si
reinventa badante, alle prese con una parte di se stessa che credeva
di non dover mai affrontare. I segreti sono spazi di intimità da
preservare, nascondigli per azioni incoerenti, fughe, ma anche regali
senza mittente per le persone
che
amiamo. Ma cosa resta di autentico nei rapporti quando si omette una
parte di sé? Dove si sposta il confine tra sentimento e calcolo?
Matilde lo scoprirà nel confronto con sua figlia, con l’ingegnere
di cui si prende cura, con gli spaccati di vite sempre in bilico del
quartiere di periferia in cui vive: ogni rapporto ci trasforma, in
una dimensione di reciprocità che, attraverso l’altro, ci permette
di valutare quanto, alla fine, siamo disposti a cedere di quella metà
di noi.».
Il
romanzo è stato proposto da Elisabetta Mondello che afferma: «Quella
metà di noi è un romanzo intenso e coinvolgente, ambientato nella
Torino dei nostri giorni, in cui si muovono una folla di personaggi a
cui Paola Cereda affida il compito di narrare le contraddizioni e le
difficoltà della condizione contemporanea. Il romanzo, sostenuto da
una lingua precisa ed essenziale, pagina dopo pagina diviene la
narrazione della condizione liminare che, in alcune fasi della vita,
tutti dobbiamo affrontare e interroga il lettore sulla possibilità
di non restare sulla soglia ma di diventare capace di immaginare,
scegliere e progettare il futuro».
3.
Benedetta Cibrario - Il rumore del mondo (Mondadori)
Benedetta
Cibrario è nata a Firenze nel 1962, da padre torinese e madre
napoletana. Vive a Londra. Nel 2007 esordisce con il romanzo
Rossovermiglio
(Feltrinelli, premio Campiello 2008). Rossovermiglio
viene tradotto e pubblicato in diversi paesi, tra cui la Germania,
l’Olanda, il Portogallo, la Grecia. Nel 2009 esce Sotto
cieli noncuranti (Feltrinelli,
premio Rapallo Carige 2010) e, successivamente, Lo
Scurnuso (Feltrinelli,
2011).
“Il
rumore del mondo” (Mondadori) ruota intorno alle vicende di Anna
Bacon durante il periodo risorgimentale: «L'ufficiale
piemontese Prospero Carlo Carando di Vignon, di stanza a Londra,
sposa Anne Bacon, figlia di un ricco mercante di seta. Quando, dopo
essere stata vittima del vaiolo, arriva a Torino, Anne è molto
diversa. La vita coniugale si annuncia come un piccolo inferno
domestico, ma il suocero Casimiro la invita a occuparsi della
proprietà del Mandrone, il cui futuro soltanto a lui - conservatore
di ferro - sembra stare a cuore. Tra i due si stabilisce
un'imprevedibile complicità e Anne matura amore e dedizione per la
vita appartata e operosa che vi conduce. La storia della famiglia
Vignon si intreccia ai fili dello spirito del tempo, e non di meno a
quelli della seta. Anne Bacon scopre come conquistarsi un posto nella
storia di un paese non ancora nato, di un orizzonte ideale che
infiamma il mondo. Progressisti e conservatori, al di là degli
schieramenti politici, si trovano davanti alla necessità di
rispondere al cambiamento e lo fanno agendo - nell'economia, nel
costume, nella morale, nella cultura. E l'Italia appare, vista da
lontano (complici anime migranti come Anne, e il suo entourage
femminile), vista come utopia e come sfida».
Il
romanzo è stato proposto da Giorgio Ficara che afferma: «Fondato
su minuziosi studi d’archivio e sostenuto da una verve narrativa
personalissima, il lavoro di Benedetta Cibrario ci mostra un punto di
vista non convenzionale sul Risorgimento: Anne Bacon, inglese
malinconica e operosa in un piccolo Piemonte aristocratico, è un
personaggio originale in grado di registrare e testimoniare, giorno
dopo giorno, ogni impulso di una straordinaria evoluzione storica nel
cuore stesso di un mondo arcaico i cui segreti non risultano
tuttavia, per nessun aspetto, meno preziosi».
4.
Mauro Covacich - Di chi è questo cuore (La nave di Teseo)
Mauro
Covacich è nato a Trieste nel 1965 ed è autore della raccolta di
racconti La
sposa
(Bompiani, 2014, finalista Premio Strega) e di numerosi romanzi, tra
cui quelli che compongono il ciclo delle stelle: A
perdifiato
(Mondadori, 2003) e, tutti editi Einaudi, Fiona
(2005), Prima
di sparire
(2008) e A
nome tuo
(2011). Nel 2017 ha pubblicato con La nave di Teseo La
città interiore
(finalista Premio Campiello). Nel 1999 l’Università di Vienna gli
ha conferito l’Abraham Woursell Prize. Vive a Roma.
“Di
chi è questo cuore” (La nave di Teseo) è un romanzo a sfondo
autobiografico: «Una
piccola anomalia cardiaca viene scoperta all’uomo che ha il nome e
le sembianze dell’autore, allontanandolo da un’attività sportiva
ai limiti del fanatismo e infrangendo l’illusione di un’efficienza
fisica senza data di scadenza. È questo l’innesco di un romanzo
sul corpo, ma soprattutto sul cuore come luogo dei sentimenti e dei
destini individuali. C’è un ragazzo caduto, o forse lasciato
cadere, da una finestra di un albergo di Milano durante una gita
scolastica. Ci sono gli esseri umani, fragili e pieni di voglie. La
solitudine e il desiderio. Ma la storia gira attorno alla relazione
dell’autore con la sua compagna, alle trasferte di lavoro, alle
tentazioni a cui sono esposti, alla fiducia e al sospetto di cui si
nutre la convivenza. Chi è, ad esempio, quell’uomo che si infila
in casa loro la notte? Una pista porterebbe nel quartiere, il
Villaggio Olimpico di Roma, popolato da figure che sembrano carte dei
tarocchi e che lo scrittore consulta nelle sue camminate erranti.
Dopo La città interiore, Mauro Covacich compone una nuova, potente
avventura narrativa che ha il coraggio dell’autobiografia più
vera. Un romanzo capace di entrare con esattezza nel presente che
plasma le nostre vite».
Il
romanzo è stato proposto da Loredana Lipperini che afferma: «Di
chi è questo cuore forza e supera i confini di quella che oggi
chiamiamo autofiction iscrivendosi in un progetto artistico che
Covacich persegue da anni, e si pone anzi come culmine della sua
intera opera. La scoperta da parte dell’io narrante di una lieve
anomalia cardiaca è il punto di partenza per un’esplorazione
lucida e inquieta, che può soffermarsi a scrutare il mondo degli
affetti e sollevarsi a guardare lontano, verso le piccole e grandi
indifferenze del nostro presente. È uno sguardo che si rivolge ai
molti ultimi delle città (i senzatetto e i lavavetri che abitano
Roma, dove i condomini possono decretare la mutilazione degli alberi
per decoro, ma ignorano le vite piccole che si muovono nelle strade e
negli argini del fiume), e che insieme guarda alla mutazione che il
tempo impone ai corpi e allo stare nel mondo. È uno sguardo che
legge, nettamente e con passione, soprattutto i cambiamenti dei corpi
femminili, che si votano a un’ascesi che li scolpisce e
smaterializza o ritrovano entusiasmi di ragazza pur nella vecchiaia.
Per linguaggio, stile, profondità e innovazione formale, Di chi è
questo cuore si pone tra le prove più alte nel panorama letterario
contemporaneo».
5.
Claudia Durastanti - La straniera (La nave di Teseo)
Claudia
Durastanti è nata a Brooklyn nel 1984 ed è scrittrice e
traduttrice. Con Marsilio ha pubblicato Un
giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra
(2010, suo romanzo d’esordio, con cui ha vinto il Premio Mondello
Giovani) e A
Chloe, per le ragioni sbagliate
(2013); nel 2016 esce Cleopatra
va in prigione
(Minimum fax). È stata Italian Fellow in Literature all’American
Academy di Roma. È tra i fondatori del Festival of Italian
Literature in London. Collabora con “la Repubblica” e vive a
Londra.
"La
straniera" (La nave di Teseo) è il racconto di un’educazione
sentimentale contemporanea: «“La
storia di una famiglia somiglia più a una cartina topografica che a
un romanzo, e una biografia è la somma di tutte le ere geologiche
che hai attraversato”. Come si racconta una vita se non
esplorandone i luoghi simbolici e geografici, ricostruendo una mappa
di sé e del mondo vissuto? Tra la Basilicata e Brooklyn, da Roma a
Londra, dall’infanzia al futuro, il nuovo libro dell’autrice di
Cleopatra va in prigione è un’avventura che unisce vecchie e nuove
migrazioni. Figlia di due genitori sordi che al senso di isolamento
oppongono un rapporto passionale e iroso, emigrata in un paesino
lucano da New York ancora bambina per farvi ritorno periodicamente,
la protagonista della Straniera vive un’infanzia febbrile, fragile
eppure capace, come una pianta ostinata, di generare radici ovunque.
La bambina divenuta adulta non smette di disegnare ancora nuove rotte
migratorie: per studio, per emancipazione, per irrimediabile amore.
Per intenzione o per destino, perlustra la memoria e ne asseconda gli
smottamenti e le oscurità. Non solo memoir, non solo romanzo, in
questo libro dalla definizione mobile come un paesaggio e con un
linguaggio così ampio da contenere la geografia e il tempo, Claudia
Durastanti indaga il sentirsi sempre stranieri e ubiqui. La straniera
è il racconto di un’educazione sentimentale contemporanea,
disorientata da un passato magnetico e incontenibile, dalla
cognizione della diversità fisica e di distinzioni sociali
irriducibili, e dimostra che la storia di una famiglia, delle sue
voci e delle sue traiettorie, è prima di tutto una storia del corpo
e delle parole, in cui, a un certo punto, misurare la distanza da
casa diventa impossibile».
Il
romanzo è stato proposto da Furio Colombo che afferma: «Il
romanzo merita attenzione per tre aspetti del tutto insoliti (oltre
all’insolito percorso biografico e di lavoro dell’autrice, che è
e non è una straniera). Il primo aspetto è certamente il
linguaggio. Riflette in modo curioso (sorprendente) una vita, in modo
più efficace di una sequenza di notizie. È un linguaggio
lontano-vicino, familiare ed estraneo, molto bello e senza alcuna
preziosità o deliberata ricerca di stile. Una seconda ragione è la
storia, che appartiene, allo stesso tempo, al genere “familiare”
ma anche a una sequenza di avventure con scarti sorprendenti rispetto
all’attesa abilmente creata. Ovvero si carica e si libera della
memoria personale e familiare, spingendo continuamente il lettore a
rifare la mappa del mondo e del tempo che sta percorrendo. Infine
merita attenzione il talento espressivo (che non è il linguaggio, ma
la costruzione del racconto) che rende La Straniera non una raccolta
di memorie, ma il punto in cui nasce (anche, ma non solo da ciò che
è accaduto) una storia nuova».
6.
Pier Paolo Giannubilo - Il risolutore (Rizzoli)
Pier
Paolo Giannubilo è nato a San Severo nel 1971 e vive a Campobasso,
dove insegna Letteratura Italiana e Latina in un liceo. Ha pubblicato
saggi, racconti, un libro di poesie e i romanzi Corpi
estranei
(Il Maestrale, 2008) e Lo
sguardo impuro
(Meridiano Zero, 2014). È presente in varie antologie: la più
recente, Giro
d’Italia, Van gewest tot gewest,
edita dall’editore Bonardi di Amsterdam, riunisce in un’edizione
bilingue olandese-italiano i maggiori scrittori italiani selezionati
regione per regione.
“Il
risolutore” (Rizzoli) è la storia di Gian Ruggero Manzoni -
pronipote di Alessandro e cugino di Piero: «Col
tempo sarebbe giunto a pensare di poter fare tutto ciò che voleva
senza doverne rispondere a nessuno, e avrebbe finito col prenderci
gusto. Due vite. Più nomi di quanti un uomo possa ricordare. Un
bagaglio pieno di segreti inconfessabili. Per oltre vent'anni, la
storia di Gian Ruggero Manzoni - pronipote di Alessandro e cugino
dell'irriverente Piero - è stata una messinscena dai toni tragici,
un buco nero da cui nessuno sarebbe potuto uscire vivo. Figuriamoci
raccontarla. Fino all'incontro con Pier Paolo Giannubilo, un'onda
d'urto da cui è nato questo romanzo, il ritratto impietoso e intimo
di un uomo qualunque con un cognome fatale che ha saputo fare di sé,
del bambino Palla di grasso bullizzato dai coetanei a Lugo di
Romagna, un'inspiegabile leggenda. Dalla militanza nella Bologna del
'77, segnata dall'amicizia con Tondelli e Pazienza e dal clima
libertino del Dams, al reclutamento nei Servizi, dalle missioni under
cover in Libano a quelle nei Balcani in fiamme, passando per ingaggi
da killer, prodezze erotiche e sogni d'artista affascinato dalle
avanguardie degli anni Ottanta: Ruggero firma ogni suo gesto con
l'inchiostro dell'eccesso, dannato e insieme eroe, fuori da ogni
schema e per questo irresistibile, sempre disposto a tutto pur di
restare umano. Con struggente lucidità Giannubilo ci racconta ciò
che dell'altro gli fa più paura come se si stesse guardando allo
specchio, mettendo a nudo le contraddizioni che rendono unica una
vita. Nelle sue pagine la grande Storia abbraccia la vicenda
avventurosa di un irregolare fino a rendere impossibile riconoscere
dove finisca l'una e inizi l'altra. Ed è questo il punto esatto dove
si fa letteratura».
Il
romanzo è stato proposto da Ferruccio Parazzoli che afferma: «Per
la perturbante libertà di quanto è narrato e per la forza del
racconto, il libro di Pier Paolo Giannubilo si presenta come una
sorprendente novità. L’autore chiede di seguirlo attraverso i
percorsi del protagonista dall’inaspettato cognome: Gian Ruggero
Manzoni è, infatti, il pronipote di Alessandro. Una curiosa
parentela che desta viva dissonanza con gli accadimenti che
ripercorrono gli anni, appena trascorsi, d’intensi e
destabilizzanti scuotimenti. L’autore convince il suo avventuroso
personaggio a riversare il fiume delle proprie esperienze, la sua
vita di individualista che ama egualmente il rischio e l’amore, la
scena internazionale e quella di famiglia. Storie contrastanti: i
moti politici e studenteschi del ’77, gli incontri con personaggi
simbolo di quegli anni, Tondelli, Pazienza, le simpatie per il
sinistrismo di azione, i terrori della prigionia, l’entusiasmo, più
che la costrizione, a divenire risolutore di estreme situazioni,
quale informatore sotto copertura, in Libano, e nei Balcani.
Difficile trovare oggi nella narrativa italiana chi abbia, come Pier
Paolo Giannubilo, un vivificante senso anarchico della letteratura,
la libertà di trasformare la realtà in finzione e la finzione in
realtà».
7.
Marina Mander - L’età straniera (Marsilio)
Marina
Mander è nata a Trieste, ma vive a Milano. Tra le sue opere di
narrativa: Ipocondria
fantastica
(Transeuropa 2000, et al. 2012), Catalogo
degli addii
(Editions du Rouergue, 2008, et al. 2010), La
prima vera bugia
(et al. 2011), tradotto in diversi paesi europei e negli Stati Uniti,
Nessundorma
(Mondadori 2013), Il
potere del miao. I gatti che mi hanno cambiato la vita
(Mondadori 2015). Ha scritto per “Il Piccolo”, “Vanity Fair”
e “The New York Times”.
“L’età
straniera” (Marsilio) è incentrato sulle vicende di Leo e Florin
«Leo
non studia molto, ma è bravo a scuola. Non fuma tanto, ma un po’
d’erba sì. Ha una madre, Margherita, che lavora come assistente
sociale e un padre che è stato matematico, è stato intelligente, è
stato vivo l’ultima volta nel mare e poi è scomparso tra le onde
con il pigiama e le ciabatte. Leo odia i pigiami, le ciabatte e non
si fida più del mare, forse di nessuno. Odia tutte le cose fino a
quando nella sua vita non arriva Florin, un ragazzino rumeno che non
studia, non ha una casa, non ha madre né padre – o magari sì ma
non ci sono – e si prostituisce. Florin si prostituisce e la madre
di Leo decide di ospitarlo, sistemandolo nella camera del figlio,
perché l’appartamento è piccolo e perché «forse potete farvi
bene l’un l’altro». Leo che non ha mai fatto l’amore con
nessuno e Florin che fa l’amore con tutti condividono la stessa
stanza. Leo pensa di odiare Florin, che comunque è meglio di una
cosa, è vivo. Leo è tutto cervello e Florin è tutto corpo: questo
pensa Leo, che racconta la storia. La “scimmia” lo chiama, come
una delle tre scimmiette: Iwazaru, quella che non parla. In realtà
entrambi i ragazzi sono ancora forti di una fragile interezza, perché
sono adolescenti e hanno ferite profonde ma corpi e sentimenti
giovani. Comincia così, tutta storta, l’avventura del loro viaggio
a occidente, fra estraneità e appartenenza: mistico per Leo – in
continuo contatto con un tribunale immaginario che cerca di
convincerlo di avere ucciso il padre – e fisico per Florin – in
balia di uomini violenti in un mondo più violento ancora. Scritto in
una lingua immaginifica e ironica, intelligente e musicale, L’età
straniera racconta un mondo vocale: è nelle voci che questa storia e
tutte le storie si sviluppano – le parole di Florin che mancano,
quelle in cui Leo si rifugia».
Il
romanzo è stato proposto da Benedetta Tobagi che afferma: «Perché
leggiamo romanzi? Come antidoto alla solitudine esistenziale, per
trovare, nelle pagine, noi stessi; per poterci riconoscere, trovare
parole per la nostra ombra, per sentimenti così sottili da non avere
nome, o una ferita segreta, diranno alcuni. Per vivere “vite che
non sono la mia”, incontrare l’alterità totale, estendere
l’empatia oltre i confini dei territori a noi familiari, diranno
altri. Più spesso, tutt’e due le cose. Il primo elemento di grande
fascino de L’età straniera di Marina Mander sta nel fatto di
consentirci entrambe le esperienze, trascinandoci nella penombra di
uno spazio liminale, nella schiuma tra terraferma e mare, come
nell’immagine di copertina. Marina Mander ci mostra il mondo
attraverso il suo sguardo, che penetra la realtà come un coltello e
ha la cruda verità del sole meridiano, uno sguardo invecchiato dal
precoce disincanto e insieme fresco, persino ingenuo, nei mille dubbi
di chi si affaccia alla vita».
8.
Eleonora Marangoni - Lux (Neri Pozza)
Eleonora
Marangoni è nata a Roma nel 1984, si è laureata a Parigi in
letteratura comparata e lavora come copywriter e consulente di
comunicazione. Ha pubblicato il saggio Proust
et la peinture italienne
(Michel de Maule, 2011), il romanzo illustrato Une
demoiselle
(Michel de Maule, 2013) e Proust.
I colori del tempo
(Mondadori Electa, 2014). Nel 2017 ha vinto il Premio Neri Pozza con
Lux.
“Lux”
(Neri Pozza) è la storia di Thomas Edwards alle prese col ricordo di
un amore finito: «Ci
sono molti modi di trasformare qualcuno in un fantasma, e Thomas
Edwards si è scelto il suo. La sua vita non ha proprio niente che
non va: Tom è un giovane italoinglese di buona famiglia, che abita a
Londra e viaggia spesso per lavoro. Architetto, gestisce con successo
uno studio di light design, e da quasi un anno fa coppia fissa con
Ottie Davis, una chef in carriera con un figlio di sette anni,
Martin. Ma Thomas abita il mondo solo in superficie: schivo e in
parte irrisolto, lascia che la vita scorra senza pensarci troppo; il
suo ricordo di un amore finito, quello per Sophie Selwood, è una
presenza costante e tangibile, che illumina gli eventi e le cose che
lo circondano, e ci racconta di come l’amore, o il ricordo
dell’amore, possano trasformarsi in una composta e implacabile
ossessione.
Una strana eredità da parte di un eccentrico zio costringe Thomas a
uscire
dalla
quotidianità. Un viaggio verso un’isola del sud Italia, un albergo
affascinante e malandato e un fine settimana imprevisto – in
compagnia della gente del posto e degli altri forestieri giunti a
loro volta sull’isola – saranno l’occasione perfetta per
sparigliare le carte, guardare le cose da un altro punto di vista e
fare finalmente i conti con il passato, questo animale saggio e al
contempo grottesco che sembra sempre volerci indicare la strada».
Il
romanzo è stato proposto da Sandra Petrignani che afferma:
«Marangoni
conosce l’arte finissima di rendere reale l’immaginario, riesce a
farti credere nella presenza di una nuvola in salotto più che nella
forza dei sentimenti che legano un certo uomo a una certa donna.
Insomma come di ogni libro complesso, non è facile parlare di Lux: è
stravagante, allegro e malinconico, sapiente e leggero. C’è dentro
una voce sferzante, ironica, saggia, che si muove sul solido terreno
di radici letterarie comuni per proiettarsi in un oltre giovanissimo
e carico di futuro».
9.
Cristina Marconi - Città irreale (Ponte alle Grazie)
Cristina
Marconi vive dal 2011 a Londra, da dove scrive di politica, economia
e cultura per “Il Messaggero”, “Il Foglio” e altre testate.
Laureata in Filosofia alla Scuola Normale Superiore di Pisa, ha
vissuto anche a Parigi e per molti anni a Bruxelles. Città
irreale
è il suo primo romanzo.
“Città
irreale” (Ponte alle Grazie) è la storia di Alina e di una
formazione sentimentale: «Nel
2008, quando lascia l’Italia, Alina ha 26 anni: Roma le sta stretta
e lei non ama limiti e definizioni. La sua meta è una Londra finora
sognata, che si trova proprio alla vigilia della crisi, nell’ultimo
momento di porte aperte e possibilità infinite per la sua
generazione. Fra piogge improvvise e sprazzi di sole, inerzie e
incontri fortunati, trova un lavoro più promettente di quello che ha
lasciato da noi e inizia a farsi strada nell’unica società a cui
spera un giorno di appartenere. Per lei, credeva, l’identità è un
concetto fluido, da piegarsi a piacimento. Scopre che non è così
quando entra in scena Iain, giovane medico inglese, e con lui il suo
giro di amici. Alina se ne innamora ma il riserbo britannico di lui e
l’ostinazione di Alina nel guardare solo al futuro alzeranno la
prima barriera fra la ragazza e il suo mondo elettivo. Perché anche
Iain ha conosciuto più di un altrove. Nei tardi anni Novanta, a
neppure vent’anni, lui e la giovane Vicky avevano lasciato le loro
belle case londinesi per andare a vivere in Italia lavorando come
volontari. Il fantasma di quel periodo ha ombre lunghe che toccano
Alina, costretta a misurarsi con una realtà più inafferrabile del
previsto e con il rischio costante di restare sospesa fra due mondi».
Il
romanzo è stato proposto da Masolino d’Amico che afferma: «Dopo
essere stata swinging negli anni sessanta, con i Beatles e Carnaby
Street, Londra torna a essere un polo di attrazione negli anni
Novanta e Duemila, quando diventa una delle capitali della finanza
mondiale. Da allora la narrativa si è spesso occupata di questo
luogo dalle mille opportunità, in particolare puntando sugli
emigranti provenienti dal cosiddetto terzo mondo. Meno frequente il
trattamento di un caso come quello della protagonista di Città
irreale, che proviene dalla fascia (non meno numerosa) dei
professionisti qualificati. La storia di Alina è quella di una
formazione anche sentimentale in mezzo a esponenti della fauna
internazionale che agisce nella città non poi tanto irreale del
titolo, sempre descritti con un occhio attento a molti particolari
rivelatori e con una prosa autorevole, da scrittore in pieno
controllo del suo strumento espressivo».
10.
Marco Missiroli - Fedeltà (Einaudi)
Marco
Missiroli è nato a Rimini e vive a Milano. Ha vinto il Premio
Campiello Opera Prima con il suo romanzo d’esordio, Senza
coda
(Fanucci, 2005; Feltrinelli, 2016). Per Guanda ha pubblicato Il
buio addosso
(2007), Bianco
(2009) e Il
senso dell’elefante
(2012; Premio Selezione Campiello). Ha pubblicato il bestseller Atti
osceni in luogo privato
(Feltrinelli, 2015), con cui ha vinto il Premio Super Mondello. Per
Einaudi ha pubblicato Fedeltà (2019).
“Fedeltà”
(Einaudi) è una storia di dubbi e presunti tradimenti: «“Il
malinteso”, così Carlo e Margherita chiamano il dubbio che ha
incrinato la superficie del loro matrimonio. Carlo è stato visto nel
bagno dell'università insieme a una studentessa: «si è sentita
male, l'ho soccorsa», racconta al rettore, ai colleghi, alla moglie,
e Sofia conferma la sua versione. Margherita e Carlo non sono una
coppia in crisi, la loro intesa è tenace, la confidenza il gioco
pericoloso tra le lenzuola. Le
parole fra loro ardono ancora, così come i gesti. Si definirebbero
felici. Ma quel presunto tradimento per lui si trasforma in
un'ossessione, e diventa un alibi potente per le fantasie di sua
moglie. La verità è che Sofia ha la giovinezza, la libertà, e
forse anche il talento che Carlo insegue per sé. Lui vorrebbe
scrivere, non ci è mai riuscito, e il posto da professore l'ha
ottenuto grazie all'influenza del padre. La porta dell'ambizione,
invece, Margherita l'ha chiusa scambiando la carriera di architetto
con la stabilità di un'agenzia immobiliare. Per lei tutto si
complica una mattina qualunque, durante una seduta di fisioterapia.
Andrea è la leggerezza che la distoglie dai suoi progetti familiari
e che innesca l'interrogativo di questa storia: se siamo fedeli a noi
stessi quanto siamo infedeli agli altri? La risposta si insinua nella
forza quieta dei legami, tenuti insieme in queste pagine da Anna, la
madre di Margherita, il faro illuminante del romanzo, uno di quei
personaggi capaci di trasmettere il senso dell'esistenza. In una
Milano vivissima, tra le vecchie vie raccontate da Buzzati e i nuovi
grattacieli che tagliano l'orizzonte, e una Rimini in cui sopravvive
il sentimento poetico dei nostri tempi, il racconto si fa talmente
intimo da non lasciare scampo».
Il
romanzo è stato proposto da Sandro Veronesi che afferma: «Ci
sono romanzi che sembrano provenire dal futuro. Romanzi che sembrano
ritornare a noi, qui e oggi, da un tempo nel quale finalmente molti
problemi sono stati risolti, cioè ricondotti alla propria perduta,
primordiale naturalezza. Di questi romanzi si usa dire che “fanno
epoca”. Fedeltà di Marco Missiroli è uno di essi, e il nodo che
vi viene sciolto, nella scrittura soda e però anche fluida e
lucente, nei personaggi perfettamente definiti e però anche nella
formidabile trazione generata dalla loro dissolvenza l’uno
nell’altro, è quello del dolore: è energia vitale, il dolore,
null’altro che energia vitale, e la specie umana è concepita per
trasmetterselo. Nelle sue pagine risieda la risposta che solo la
letteratura poteva dare allo stupore espresso da Freud dinanzi
all’incapacità della libido di separarsi dai suoi oggetti, «uno
di quei fenomeni che non si possono spiegare ma ai quali si
riconducono altre cose oscure». Il guaio non è soffrire, il guaio è
farlo nel modo sbagliato. La sofferenza in questo romanzo è come la
miseria in Céline: è liberatoria, viene voglia di viverla».
11.
Antonio Scurati - M. Il figlio del secolo (Bompiani)
Antonio
Scurati è nato a Napoli nel 1969 ed è docente di Letterature
contemporanee presso la IULM di Milano. Ha esordito nel 2002 con Il
rumore sordo della battaglia
(Mondadori – premio Kihlgren, premio Fregene, premio Chianciano).
Nel 2005, con Il
sopravvissuto
(Bompiani), ha vinto la XLIII edizione del premio Campiello e nel
2008, con Una
storia romantica
(Bompiani), il Mondello. Sempre con Bompiani ha pubblicato: Il
bambino che sognava la fine del mondo
(2009), La
seconda mezzanotte
(2011), Il
padre infedele
(2013) e Il
tempo migliore della nostra vita
(vincitore sia del premio Viareggio sia del premio Selezione
Campiello).
“M.
Il figlio del secolo” (Bompiani) è il romanzo di Mussolini: «Lui
è come una bestia: sente il tempo che viene. Lo fiuta. E quel che
fiuta è un’Italia sfinita, stanca della casta politica, della
democrazia in agonia, dei moderati inetti e complici. Allora lui si
mette a capo degli irregolari, dei delinquenti, degli incendiari e
anche dei “puri”, i più fessi e i più feroci. Lui in un
rapporto di Pubblica Sicurezza del 1919 è descritto come
“intelligente, di forte costituzione, benché sifilitico, sensuale,
emotivo, audace, facile alle pronte simpatie e antipatie,
ambiziosissimo, al fondo sentimentale”. Lui è Benito Mussolini, ex
leader socialista cacciato dal partito, agitatore politico indefesso,
direttore di un piccolo giornale di opposizione. Sarebbe un
personaggio da romanzo se non fosse l’uomo che più d’ogni altro
ha marchiato a sangue il corpo dell’Italia. Non è inventato nulla
del dramma di cui qui si compie il primo atto fatale, tra il 1919 e
il 1925: nulla di ciò che Mussolini dice o pensa, nulla dei
protagonisti – D’Annunzio, Margherita Sarfatti, un Matteotti
stupefacente per il coraggio come per le ossessioni che lo divorano –
né della pletora di squadristi, Arditi, socialisti, anarchici che
sembrerebbero partoriti da uno sceneggiatore in stato di
sovreccitazione creativa. Il risultato è un romanzo documentario
impressionante non soltanto per la sterminata quantità di fonti a
cui l’autore attinge, ma soprattutto per l’effetto che produce.
Fatti dei quali credevamo di sapere tutto, una volta illuminati dal
talento del romanziere, producono una storia che suona inaudita e
un’opera senza precedenti nella letteratura italiana».
Il
romanzo è stato proposto da Francesco Piccolo che afferma: «Scurati
racconta con dedizione e ostinazione la nascita del fascismo in
Italia, non tralasciando nessun dettaglio decisivo alla comprensione
della nostra Storia, attenendosi ai fatti documentati e appassionando
i lettori per pagine e pagine, come hanno dimostrato le reazioni fin
dal primo giorno della sua comparsa nelle librerie. Il racconto
corale, con al centro la figura di Benito Mussolini, compie il
miracolo di farci comprendere come i fatti prendano consistenza e poi
potenza in pochi anni, con la complicità dell’indifferenza e della
superficialità di un intero popolo. Nonostante quest’anno tra i
candidati al premio Strega siano presenti libri e autori che
apprezzo, propongo M. di Antonio Scurati perché è un evento nella
letteratura italiana, uno dei romanzi importanti dei nostri anni, che
merita per questo non solo di partecipare al Premio Strega ma di
vincerlo».
12.
Nadia Terranova - Addio fantasmi (Einaudi)
Nadia
Terranova è nata a Messina nel 1978, ma vive a Roma. Per Einaudi
Stile Libero ha scritto il romanzo Gli
anni al contrario
(2015, vincitore di numerosi premi tra cui il Bagutta Opera Prima, il
Brancati e l’americano The Bridge Book Award) e Addio
fantasmi
(2018). Ha scritto anche diversi libri per ragazzi, tra cui Bruno
il bambino che imparò a volare
(Orecchio Acerbo 2012) e Casca
il mondo
(Mondadori 2016), È tradotta in francese, spagnolo, polacco,
lituano. Collabora con “la Repubblica” e altre testate.
“Addio
fantasmi” (Einaudi) è incentrato sulla ricerca della figura
paterna: «Ida
è appena sbarcata a Messina, la sua città natale: la madre l'ha
richiamata in vista della ristrutturazione dell'appartamento di
famiglia, che vuole mettere in vendita. Circondata di nuovo dagli
oggetti di sempre, di fronte ai quali deve scegliere cosa tenere e
cosa buttare, è costretta a fare i conti con il trauma che l'ha
segnata quando era solo una ragazzina. Ventitre anni prima suo padre
è scomparso. Non è morto: semplicemente una mattina è andato via e
non è piú tornato. Sulla mancanza di quel padre si sono imperniati
i silenzi feroci con la madre, il senso di un'identità fondata
sull'anomalia, persino il rapporto con il marito, salvezza e
naufragio insieme. Specchiandosi nell'assenza del corpo paterno, Ida
è diventata donna nel dominio della paura e nel sospetto verso ogni
forma di desiderio. Ma ora che la casa d'infanzia la assedia con i
suoi fantasmi, lei deve trovare un modo per spezzare il sortilegio e
far uscire il padre di scena. Fra il tramonto e la cena, l'assenza di
mio padre tornava a visitarmi. Aprivo il balcone sperando che il
temporale filtrasse dai soffitti e squarciasse le crepe sul muro,
supplicavo la tramontana di trasformarsi in uragano e rovesciare in
terra l'orologio e le sedie, all'aria il letto, i cuscini, le
lenzuola. Non vuoi sapere che sono diventata grande, non ti
interessa?, chiedevo, e nessuno rispondeva».
Il
romanzo è stato proposto da Pierluigi Battista che afferma: «In
questo romanzo emozionante e profondo Nadia Terranova, come Telemaco
alla ricerca del padre Odisseo, torna nella sua città natale e nella
casa messinese della sua infanzia alla ricerca di tracce della figura
paterna che si è come volatilizzata, rendendosi assente al mondo ma
non nella memoria della protagonista. Il padre è scomparso: con ogni
probabilità è morto tanti anni prima, ma il suo corpo non è mai
stato trovato. E non c’è funerale possibile per un morto che forse
non è morto. Mentre Telemaco parte da Itaca per conoscere il destino
del padre, Nadia Terranova torna a Itaca-Messina perché attraverso
gli oggetti della sua infanzia, gli odori e i colori della sua città,
l’atmosfera della casa che la madre ha deciso di mettere in
vendita, può finalmente fare i conti con se stessa e con il fantasma
di un padre che non c’è più. E mettere a punto, nel tratto di
mare che separa Scilla e Cariddi, la cerimonia degli addii
indispensabile per continuare a vivere dopo aver portato a termine il
lutto».